Ogni epoca ha le sue abitudini religiose. Ai miei tempi di giorno si leggevano i sacri testi e la sera si dicevano le preghiere. Ancora oggi qualcuno lo fa. Ma la religione ormai è un’altra, è la tecnologia. Tutte le nostre energie, anche quelle spirituali, sono dedicate a far funzionare le decine di computer installati in casa. Circondati da molteplici led rossi, verdi e azzurri, a volte fissi, a volte lampeggianti, moderne lampade votive dedicate alla divinità comunicazione, passiamo gli anni migliori della nostra vita a leggere i sacri testi, i manuali di funzionamento di Iphone, Black Berry, Samsung, Ipad. Complicatissimi. Io prima o poi ci devo parlare con quelli che li scrivono. Se per caso si passa da un Pc ad un Mac, non basta un week end per memorizzare le novità e trasportare tutti i dati da un apparecchio all’altro. Partono frenetiche telefonate agli amici smanettoni, moderni sacerdoti che tutto sanno e tutto perdonano, rimanendo interdetti di fronte al nuovo latino, browser, server, follower, firewall, mousepad, skype, download, una specie di inglese senza il quale è impossibile procedere sulla via dell’iniziazione. Poi infine, la sera, il rito che sostituisce le preghiere. La ricarica. Si ricaricano tutti i telefonini, i tablet, i portatili. Solo allora ci si infila sotto le coperte, sussurando l’unica preghiera tradizionale: “Signore, fa che riesca a capire finalmente che cosa significa finder, dashboard, launchpad. Dimmi, ti prego, a che cosa serve Icloud”. App, e così sia.

[csf ::: 10:03] [Commenti]
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