- 6 Gennaio 2014
Un noto magistrato che è stato per molto tempo alla ribalta, mi disse una volta che le leggi italiane sono architettate in maniera tale da rendere incomprensibile il comportamento di coloro che si comportano bene. Le leggi e l’applicazione delle leggi sono a vantaggio di chi si comporta male. Depenalizzazioni, indulti, condoni, amnistie non servono a svuotare le carceri, che sono sempre pienissime. Servono solo a perdonare ladri ed evasori e convincerli che non rubare e pagare le tasse è un comportamento sciocco. Se io sono un evasore totale che cosa mi può succedere al massimo? Nel peggiore dei casi dopo una vita in cui ho accatastato miliardi, vengo beccato e concordo una transazione. Come è successo a tanti vip: alla fine pago un dieci, venti per cento del maltolto e sui giornali appaio anche con un eroe. Equitalia è inflessibile, mette le ganasce ai beni dei poveri, perseguita anziani colpevoli solo di non sapersi districare nei meandri della pubblica amministrazione. Il governo Renzi voleva depenalizzare la frode fiscale al di sotto del 3 per cento. Cioè: se io ho un imponibile di 100 milioni e ne evado meno di tre, non sono punibile. E perché mai? Perché in Italia (e nel mondo) le leggi le fanno i rappresentanti della classe egemone. Per i poveri, che non possono evadere perché dipendenti o disoccupati, resta una grande soddisfazione, quella di pagare le tasse anche per i ricchi. E scusate la banalizzazione. Si dice che non esistono più la destra e la sinistra. Ma qualcuno neghi che esistono ancora i ricchi e i poveri.
- 2 Gennaio 2014
Come capita spesso, la migliore vignetta di questi giorni è quella di Vauro per il Corriere della Sera. Un bambino nudo, appena nato, con la fascia del 2014, mette le mani avanti e dice: “Ehi, non guardate me, io non c’entro niente, sono appena arrivato!” Il 2014 non c’entra nulla, ha ragione Vauro, ma il suo collega 2013 ne ha combinate di tutti i colori. Ad “Un Giorno da Pecora”, che in questi giorni è diventato un libro (perdonatemi l’autocitazione) abbiamo riassunto così: “Nel 2013 la ragione si è presa un anno sabbatico”. Ed è accaduto di tutto. La ragione, in anno sabbatico, ci ha lasciati soli con l’irrazionale. I pochi ricchi sono diventati sempre più pochi (ma molto più ricchi) mentre i molti ricchi sono diventati sempre più molti (ma molto più poveri). Scusate l’italiano scorretto ma ne avevo bisogno per rendere meglio l’idea. Non bastasse, la classe dirigente, di fronte all’evidente mancanza di consenso, si è fatta ancora più disattenta e menefreghista. Tutti d’accordo. Bisogna cambiare il porcellum. Fatto? No. Bisogna diminuire i parlamentari. Tutti d’accordo. Fatto? No. Bisogna abolire le provincie. Fatto? No. La ragione era in anno sabbatico. E’ successo perfino che un comico ha mandato a quel paese tutti quanti ed è diventato il primo partito in Italia. E’ successo perfino che Berlusconi si è avviato al tramonto per essere sostituito da un altro come lui. E’ successo perfino che in Vaticano, uno accanto all’altro, convivono due papi. Ma vi rendete conto? Nel 2014 finito l’anno sabbatico, la ragione tornerà fra noi?
- 9 Dicembre 2013
Accogliere significa far entrare qualcuno nella nostra casa. O qualche idea nella nostra testa. O qualche anima nella nostra anima. E anche qualche animale nella nostra vita. Che bello quando un animale invade la nostra esistenza quotidiana! Però…però…come sono i nostri rapporti con gli esseri viventi diversamente umani che dividono con noi la terra? Mi rivolgo ai soli animalisti. Chi li odia e anche solo chi si disinteressa di loro non mi interessa. Noi animalisti siamo pieni di contraddizioni, li amiamo, gli animali, li proteggiamo, li coccoliamo ma con alcune condizioni. Che siano grossi, oppure che siano affettuosi e che siano inoffensivi. Elefanti, tigri, lupi: li proteggiamo perché non sono piccoli. Gatti, cani, uccellini, li proteggiamo perché sono Lucertole, porcospini, scoiattoli: li proteggiamo perché non ci danno fastidio e sono affettuosi con noi. Ma i serpenti? Le zanzare? E i topi? E i bacarozzi? Le formiche? Di loro ce ne freghiamo e li uccidiamo con grande tranquillità e senza nessun rimorso. Problema. L’altro giorno in una trappola messa in giardino ho trovato un topone. Che fare? Ucciderlo a palate o affogandolo come farebbe un contadino? Liberarlo come dovrebbe fare un animalista? Darlo in pasto ad un gatto? Lasciarlo lì aspettando che muoia di fame? Io alla fine ho fatto una scelta. Come è ovvio. Ma non ve la dico. Non ne vado fiero, ma qualcosa dovevo pur fare. Voi che cosa avreste fatto? Domanda alternativa: perché accogliamo in casa il gatto e non il topo?
- 12 Novembre 2013
I nostri legislatori non ci aiutano certo. Quasi sempre si inventano leggi farraginose e complesse. E nomi assurdi. Pensate alle tasse. C’erano la Tares e la Tarsu? Adesso forse ci saranno la Trise, la Tari e la Tasi. O forse, al posto della Trise, la Tuc. Anzi no, il Tuc. Perché se le altre erano tasse, il Tuc è un tributo, maschile. Va bene, pazienza. Il problema non è il nome, è quanto bisogna pagare. Ci penseranno l’Agenzia delle Entrate e i comuni, a tempo debito, a ricordarci come si chiamano e quanto bisogna pagare. Ma una cosa è sorprendente. Ad Un Giorno da Pecora, la trasmissione che conduco su Radio2 insieme a Giorgio Lauro ospitiano ogni giorno un politico, cioè un signore che è stato eletto e che ha contribuito a scrivere e votare tutte le tasse comprese quelle recenti sui rifiuti e sui servizi indivisibili. Ogni giorno chiediamo loro: “Come si chiamano le nuove tasse?” Non ci crederete. Nessuno, dico nessuno, ma proprio nessuno ci sa rispondere. Di nessun partito. Trasi, tirse, trusi, tiri, tisi. Ne dicono di tutti i colori. E allora, lasciatemi fare per una volta il qualunquista. Li eleggiamo, li manteniamo, li arricchiamo. Ma cosa fanno tutto il giorno? Non dico leggere le leggi che fanno, sarebbe pretendere troppo. Ma almeno leggere i giornali! Chiediamo troppo? Magari in cambio di quei miseri 15 mila euro che regaliamo loro prendendoli dalle nostre tasche. La sera, invece di andare a farsi belli in televisione, potrebbero passare il tempo studiando. Chiediamo troppo?
- 5 Novembre 2013
Cara ministro Cancellieri, premesso che la ritengo una persona per bene, efficiente, efficace, insomma un buon ministro, mi faccia però dire che l’incidente nel quale è incappata non si può risolvere con un semplice avviso al mondo che lei si sente innocente e che ha compiuto un’azione umanitaria. Il problema non è se lei è buona. Il problema non è nemmeno se è stata lei a favorire l’uscita dal carcere della signora Ligresti. Diciamo che sono in molti ad essere convinti che il suo intervento sia stato decisivo. Ma la verità non la sapremo mai e a me riesce anche difficile capire se un ministro debba essere un rigido esecutore di leggi anche spietate. Il problema è quella telefonata del 17 luglio. Quel giorno tre membri della famiglia Ligresti, accusati di brutti reati, vengono arrestati. E uno scappa. Che cosa fa il ministro della giustizia? Si ricordi: nessuno in questo momento sta soffrendo di salute, nessuno dimagrisce a vista d’occhio. C’è solo un arresto conseguente ad un’accusa. Il ministro telefona a casa Ligresti e si mette a disposizione. Dice:“qualsiasi cosa io possa fare conta su di me”? Qualsiasi cosa? E poi si meraviglia che qualcuno possa pensare che qualsiasi cosa lei l’abbia fatta? Ministro, lo ha detto lei: non ce l’ordina il medico di fare il ministro. Diciamo però che lei ha avuto sfortuna. Non fosse stata intercettata la sua telefonata, non sarebbe successo niente. Ma è stata intercettata. E non ce l’ordina il medico di fare il ministro. Un ministro sfortunato è meglio che ne prenda atto.
- 30 Ottobre 2013
Dal bunker dove si nasconde mentre gli altri si azzannano, ogni tanto esce Massimo D’Alema e ne spara una delle sue. Sono quasi sempre battute al fulmicotone, pervase di perfido sarcasmo, che uccidono i destinatari. L’ultima volta se l’è presa con Matteo Renzi, il quale con l’aria di colui che non parla mai, non fa altro che esternare un luogo comune dietro l’altro. D’Alema ha detto che il sindaco di Firenze gli ricorda quella pubblicità del Chlorodont fatta da Virna Lisi tanti anni fa. “Con quella bocca può dire ciò che vuole”. Cattivissimo D’Alema ma Matteo Renzi se l’è cercata. D’altra parte Renzi potrebbe facilmente difendersi perché questa è una caratteristica di tutti i politici che si sentono in diritto, con la loro bocca, di dire ciò che vogliono. Da Berlusconi, il principe di questa tendenza, che ancora oggi si difende dicendo che i comunisti ce l’hanno con lui, a Veltroni che disse che se ne andava in Africa ed invece è sempre qui. Da Giovanardi che se vede due donne che si baciano gli fa schifo come se facessero la pipì, alla Gelmini secondo la quale un tunnel unisce il Cern di Ginevra con i laboratori sotto il Gran Sasso. Ricordate che Supermario Monti disse che non sarebbe sceso in campo? E Bersani che ha farcito la sua campagna elettorale di tacchini sui tetti, mucche in corridoio e giaguari da smacchiare? Però ricordiamo anche che D’Alema aveva detto che mai e poi mai il Pd sarebbe andato al governo con il Cavaliere. Con quella bocca D’Alema può dire quello che vuole.
- 23 Ottobre 2013
Quante gliene hanno dette a Maradona. Certo era facile. Dei giudici hanno deciso che deve 39 milioni di euro all’erario. E lui si è permesso di fare il gesto dell’ombrello ad Equitalia invece di dargli i 39 milioni. In questa Italia dove una piccola parte emergente è sempre politicamente corretta mentre una enorme parte sommersa se ne frega dell’educazione formale, il gesto dell’ombrello ha scandalizzato i media. Quando si parla di tasse si entra in una palude. Per questo c’è qualcosa che non mi convince in tutto questo. Ricordo il caso di Valentino Rossi. Se non sbaglio doveva all’erario più di cento milioni e concordò per una trentina. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Massimo Romano, disse: “Voglio ringraziare Rossi per la linearità e la correttezza delle sue scelte”. Cioè ringraziò un evasore che aveva scippato agli italiani 70 milioni e se li era messi sul suo conto. Perché questi due pesi e due misure? Io credo che sia Equitalia il punto di ambiguità. Fermo restando che tutti debbono pagare le tasse Equitalia è l’immagine dello Stato usuraio e gabelliere. Maradona, secondo lo Stato, doveva pagare 6 milioni di tasse. E invece ne pretende, con interessi e multe, 39. Lo Stato non paga alle piccole industrie debiti per milioni di euro ma manda le ganasce di Equitalia a rendere impossibile la vita a quegli stessi imprenditori verso i quali è debitore. Maradona è maleducato e antipatico. E si vanta di avere segnato un goal all’Inghilterra con la mano. Ma siamo sicuri che abbia tutti i torti?
- 14 Ottobre 2013
Alle prossime olimpiadi dovrebbero introdurre una nuova specialità atletica: la corsa a destra. Vincerebbe sicuramente un politico italiano. Quando si sente aria di elezioni non c’è nessuno che non si alleni a spostare il proprio baricentro verso quella zona dove da sempre si pensa che sostino voti in attesa. Una volta questa zona era considerata il centro. Ma oggi il centro non sembra in grado di cedere molti volti. In questo momento il candidato alla vittoria nella corsa a destra è Matteo Renzi che pur essendo iscritto al Pd dice cose di destra, fa cose di destra, frequenta gente di destra. Ovvio, a destra c’è lo sfacelo e i voti sono in libera uscita più del solito. Sono voti di scontenti, delusi del personalismo inefficiente di Berlusconi, voti facili da accalappiare. Il discorso è semplice. Io sono di sinistra ed i voti della sinistra ce li ho. Per vincere ho bisogno dei voti della destra. Perfino Beppe Grillo si è tuffato in questa palude e fa l’occhiolino all’intransigenza e all’egoismo nazionalista della destra. Riusciremo mai ad avere una sinistra-sinistra contrapposta ad una destra- destra? Lo Stato ideale è quello dove ci sono la destra e la sinistra. Il centro non serve perché non si sa che cosa sia. Destra e sinistra invece si sa. La destra punta sullo sviluppo perché porterà come effetto collaterale la giustizia sociale. La sinistra punta sulla giustizia sociale che poterà inevitabilmente lo sviluppo. Presto, qualcuno mi dica su che cosa punta il centro.
- 8 Ottobre 2013
Qualcuno sostiene che il proletariato non esiste più.. Invece esiste. Sono gli operatori dei call center. Gli odiati operatori dei call center. Quelli che ci telefonano per convincerci a passare da Tim a Wind (si chiamano outbound). E quelli ai quali telefoniamo per spiegare che qualcosa non funziona (si chiamano inbound). Quelli che ci telefonano li odiamo perché ci ossessionano. Quelli ai quali telefoniamo li odiamo perché non risolvono il nostro problema. Li odiamo dimenticando che sono degli sfruttati, che guadagnano una miseria, che sono dei superprecari condannati a vita al precariato, che il loro lavoro è un martirio. Quando ho telefonato alle Ferrovie dello Stato perché per due volte mi era stato addebitata due volte la stessa cifra per lo stesso viaggio, e la cosa si ripetava ogni volta che tentavo di comprare un biglietto online, sono entrato nel kafkiano ginepraio dei call center. E’ andata avanti per un mese. Non c’era verso. Tutti gli operatori del call center di Trenitalia scaricavano le loro frustrazioni su di me e sul mio problema che veniva considerato impossibile da risolvere. Molti risolvevano il loro problema mettendo giù il telefono e lasciandomi lì come un cretino. Poi è arrivato l’angelo. Alle 11,10 del 25 settembre 2013 Francesca, operatrice A 407 (lo scrivo per la storia), ha risolto in cinque minuti tutti i miei problemi dimostrando che una vita da schiava può non distruggere la propria dignità e il senso del dovere. Dio la benedica dovunque si trovi (probabilmente in Albania).
- 18 Settembre 2013
Lo so che le parole sono importanti, e che il cambiamento di alcuni modi di dire può stimolare importanti cambiamenti nel costume. Pensate solo a quando sulla carta di identità alcune persone avevano scritto “figlio di n.n.” Sembra incredibile no? Sembra quasi impossibile che la burocrazia fosse così insensibile e cafona. Ma può essere la burocrazia cafona? Sì, succede quando i valori dell’individuo vengono posti all’ultimo posto per privilegiare la mancanza di fantasia e la pigrizia. Io però ho sempre pensato che, dovendo scegliere, è meglio pensare prima ai contenuti che alla forma. Faccio un esempio. Se uno, come è giusto e naturale, tratta un nigeriano come un essere umano e lo chiama negro e se un altro lo chiama “nero” ma lo tratta male, io non ho dubbi su chi preferire. Molte persone si mettono il cuore in pace scegliendo parole corrette tipo “diversamente abili” e “non vedenti”. E poi parcheggiano sui marciapiedi rendendo impossibile la vita ai ciechi oppure protestano per la presenza di bambini down nella classe dei loro splendidi bambini. Ecco perché sono sempre diffidente quando si parla di linguaggio. Genitore 1, genitore 2, altro genitore? Tutto per non scrivere “padre” e “madre” sui documenti rischiando di offendere le coppie gay. Giusto, giustissimo. Ma poi riconoscere i diritti reali dei gay? Il diritto a sposarsi? Il diritto all’eredità? Il diritto ad adottare figli? Il diritto ad assistersi in caso di malattia? Se questa è una tappa del percorso, ci sto. Ma ho tanti dubbi.