- 10 Marzo 2009
Adesso la chiamano “product placement”. Una volta, più semplicemente, veniva chiamata “pubblicità occulta”. E’ una cosa che è sempre esistita. Ma una volta era illegale, vietata, condannata, additata al disprezzo della gente. Occulta, appunto. Oggi è una branca dell’advertising. Vi ricordate il tipetto che si accendeva una sigaretta tenendo il pacchetto bene in alto, davanti alla telecamera? E quell’altro che beveva l’acqua minerale mostrando la marca durante interminabili sorsate? E quegli inseguimenti polizieschi in cui inquadrato, più che il bandito, era lo stemma dell’automobile in fuga? Bene, ci sarà anche nelle nostre fiction televisive. Carlo Degli Esposti, fondatore della Palomar e produttore di famose serie tv (“Perlasca”, “Gino Bartali”, “Giovanni Falcone” e “Montalbano”) prende le distanze, dice: “Temo un uso smodato e volgare di questa novità”. Ma poi aggiunge: “La novità in sé non è negativa”. C’era da giurarlo. Sono tutti contenti, anche gli scontenti. E così avremo due grandi risultati. Primo: le fiction piene di ammiccamenti. “Cara, passami una Coca”. “Splendido il tuo nuovo Armani”. “Uso solo la pasta Barilla”. “Il mio Swatch non sgarra un secondo”. E le telecamere a caccia di marchi e di loghi. Secondo: i tetti pubblicitari violati legalmente. E anche quei pochi soldi che rimangono alla carta stampa, deviati verso la televisione. C’è di che andare orgogliosi di questa trovata. Che fare? Niente. Io mi bevo una camomilla Pompadour, mi metto il mio pigiama Dolce e Gabbana, mi faccio una bella dormita sul mio materasso Eminflex. Domattina colazione a base di Kinder Bueno. E sono subito al lavoro, sulla mia Panda quattro per quattro. Me ne frego, io, della pubblicità occulta.