- 15 Gennaio 2014
La privacy. Metterei mano alla pistola tutte le volte che qualcuno invoca la privacy. Ci sono parole che spesso vengono usate come strumenti per ribadire la differenza di classe. Come “cultura”, come “stile”, come “buon gusto”, come “classe” appunto. Privacy è una di queste. La privacy non è roba da poveri. Se andate a Scampia della privacy non gliene può fregare di meno. Nei centro di accoglienza di Lampedusa, vi assicuro, si parla poco di privacy. Anche quei poveretti che in pubblico venivano innaffiati nudi con il disinfettante contro la scabbia non parlavano di violazione della privacy. Di violazione della privacy parlano i ricchi, i potenti. O meglio, i nuovi ricchi, i nuovi potenti. Prima di raggiungere la ricchezza ed il potere fanno di tutto per svelare particolari della propria vita. “Se sarò eletto io”, dichiarava François Hollande al Corriere della Sera, “io e Valérie sceglieremo la trasparenza nella vita personale”. Poi è stato eletto e, alla prima occasione, si è appellato alla privacy. Perché il fotografo che ha documentato i suoi incontri con l’amante meriterebbe addirittura una bella querela. Querela che Hollande non ha fatto, lasciando l’incombenza all’amante. Per i politici bisognerebbe stabilire una regola. Far loro firmare, prima dell’inizio della carriera, una rinuncia alla privacy. Perché la politica non deve essere, come oggi è, una serie di diritti e di privilegi. La politica è una serie di doveri e di responsabilità. Se non ti sta bene, tranquillo, puoi sempre trovarti un lavoro.