- 27 Agosto 2014
Sarà perché sono giornalista, figlio di giornalista, fratello di giornalista, per me i giornali sono importanti, fondamentali, obbligati all’autorevolezza. Ho sofferto quando li ho visti televisionarsi, adattarsi cioè alle tecniche della televisione perdendo di identità. Ma adesso sta succedendo di peggio. Adesso i quotidiani si internettizzano, si facebookizzano, si twittizzano. Passi il fatto che i giornalisti si firmano con il loro indirizzo email, questo si può capire. Ma non c’è articolo ormai che non faccia riferimento a tutto quello che succede nel ciberspazio. Una volta c’era il popolo dei fax, categoria inventata ogniqualvolta cinquanta sfaccendati mandavano fax alle redazioni convincendo i redattori capo che si trattava di una grande reazione popolare. Adesso ci sono le email, risposta ancora più facile, banale e superficiale a qualsiasi fatto. E le redazioni ci cascano sempre. E se twitter o facebook hanno un fremito su qualche accadimento ecco che sui giornali si legge la magica parola: virale. Partono gli hashtag. Cento messaggi con lo stesso hashtag ed è subito virale. Siamo sessanta milioni ma basta che cento nullafacenti usino un hashtag perché i redattori di un giornale entrino in fibrillazione. Virale, virale! Sarà che sono vecchio ma per me virale mi fa una cattiva impressione. Malattie, epatite virale, ebola, polmonite. Amici, colleghi, torniamo a sentirci importanti. I quotidiani hanno il loro linguaggio, la loro supponenza, la loro alterigia. Facciamoli tornare virali.