La lettera, probabilmente, comincia così: “Caro Papa”. Mittente Pupi Avati, cattolicissimo regista che va tutte le sere a messa nella parrocchia di San Giacomo a via del Corso a Roma. Avati scrive a Joseph Ratzinger? No, scrive al deputato del Pdl Alfonso Papa, recluso nel carcere di Poggioreale accusato di attività illecite condotte nell’ambito della cosiddetta P4. Una lettera di solidarietà. Papa amico suo? No. “Non l’ho mai visto in vita mia, ma tifo per i soccombenti”. Scrisse anche a Bettino Craxi, una volta, Pupi Avati. Ed ha scritto anche a Piero Marrazzo, recentemente. Alfonso Papa. “Dopo aver visto come lo hanno lapidato in maniera barbarica e indecente in parlamento, in un atteggiamento di perenne dileggio ho avvertito una vicinanza estrema alla sua tragedia personale. Hanno giocato con una vita umana”. Pupi Avati ha scritto anche ai suoi “amici cristiani”, un gruppo di parlamentari cattolici. E li ha rimproverati: chi sono loro per lapidare Papa? “Hanno votato per l’arresto ma un buon cristiano doveva astenersi. E’ questo che ci insegna il Vangelo”. E’ questo che ci insegna il Vangelo? Veramente? E i dieci comandamenti? Ma Pupi Avati tifa per i soccombenti. Ci sono 60 mila soccombenti nelle carceri italiane. Aspettano una lettera.

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