- 10 Gennaio 2015
L’eterna telenovela dei due Marò è di nuovo al capolinea. L’Italia vuole che siano restituiti all’affetto delle loro famiglie e gli indiani vogliono processarli per omicidio. Quando i piloti americani causarono la strage del Cermis (19 sciatori uccisi nella funivia precipitata a causa di un aereo militare Usa che aveva tranciato le funi) si sosteneva – a ragione, secondo me – che l’Italia aveva diritto a processarli. Oggi invece gli italiani si arrabbiano addirittura perché l’India non concede una “licenza” natalizia al marò bloccato in India. Leggiamo che Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione Sicilia condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, ha chiesto al magistrato Valeria Tomassini di poter visitare l’anziana madre ottantenne. Il tribunale ha negato il permesso perché la mamma di Cuffaro ha l’Alzheimer e non potrebbe riconoscere il figlio. Commentare una motivazione del genere è solo tempo perso. Ma è interessante un’altra parte della motivazione, quella in cui il tribunale sostiene che Totò Cuffaro ha già visto sua madre in occasione del funerale del padre. Il tribunale dimentica che in quell’occasione la giustizia italiana fece una pessima figura. Cuffaro non fece in tempo ad arrivare al funerale del padre perché l’autorizzazione arrivò, sì, ma in ritardo. Direte: che fai difendi i mafiosi? Sì. Insieme a molti illustri intellettuali ben piu autorevoli di me, sono convinto che la civiltà di una nazione si misuri sulle condizioni in cui fa vivere i suoi carcerati.
- 23 Gennaio 2011
Una volta ho intervistato Totò Vasa-Vasa. A quei tempi era l’uomo politico siciliano più famoso ed era sospettato di collusione con la mafia. Lo chiamavano Vasa-Vasa perché baciava tutti. Baciò anche me. Come fosse un omaggio. Come quando il fabbricante di caramelle ti regala un sacchetto dei suoi prodotti. Totò Cuffaro mi rimase impresso. Sosteneva ovviamente di essere innocente e per dare maggiore convinzione diceva: “La mafia mi fa schifo”. Mi rimase impresso nella mente. Cuffaro è uno di quei personaggi che non si cancella facilmente dalla casella del cervello in cui si sono insinuati. Così, il giorno in cui ho letto che era entrato in prigione, andai subito a leggere le sue dichiarazioni. Disse: affronto la pena come è giusto che sia. Io pensavo: adesso però dice anche che paga gli errori degli inquirenti. Disse: è l’insegnamento che lascio come esempio ai miei figli. Io pensavo: adesso comunque dice che si sacrifica perché le istituzioni sono al di sopra di tutto, anche del suo martirio. Disse: è un’esperienza tremenda che rafforza in me la fiducia nella giustizia. Io pensavo: adesso aggiunge che in ogni caso ci sono delle mele marcie anche fra i magistrati.
Questa rubrica parla sempre male di persone che affermano con arroganza di essere perbene. Questa volta no. Stavolta voglio parlare bene di una persona di cui si parla male.