- 13 Marzo 2014
Ci cascano sempre tutti. Quando c’è di mezzo la satira, qualcuno che agiti il ditino di riprovazione c’è sempre. Stavolta c’è cascato Michele Anzaldi, il deputato del Pd, dopo aver visto l’imitazione della ministra Maria Elena Boschi fatta dalla bravissima Virginia Raffaele a Ballarò, ha scritto addirittura alla presidente della Rai, Anna Maria Tarantola per protestare. Ha scritto: “Gentile Presidente, mi permetto di chiederLe se condivide l’imitazione di Maria Elena Boschi a Ballarò e se ritiene opportuno che un ministro giovane, che finora ha dimostrato preparazione e capacità, sia ritratta come una scaltra ammaliatrice che conta solo sul suo essere affascinante. E’ questa l’immagine che il servizio pubblico della Rai, e Raitre in particolare, vuole dare alla vigilia dell’8 marzo?”. Michele Anzaldi fa parte, come segretario, della commissione di vigilanza Rai. E ammettendo pure che l’esistenza della commissione di vigilanza Rai abbia un senso, c’è da chiedersi se in quelle poche righe Anzaldi potesse aggiungere qualche altra boutade. Presidente, lei condivide l’imitazione? Ritiene giusto ritrarre come una scaltra ammaliatrice un ministra giovane? E non si rende conto che tutto ciò è avvenuto alla vigilia dell’8 marzo? Ci mancava solo il “cui prodest”. Ci mancava la “giustizia ad orologeria”. Dovrebbero fare un giuramento tutti quelli che si candidano al parlamento. “Giuro di non occuparmi mai di satira politica”. Oppure anche di contare fino a dieci prima di scrivere lettere alla presidente Tarantola.
- 5 Marzo 2014
Caro Enrico Lucci, io non so come poi è andata a finire la faccenda. Non so se poi tu, magari sulla spinta della pubblica opinione (bempensante), o di un tuo rimorso di coscienza, hai alla fine chiesto scusa al ministro Maria Elena Boschi per come l’hai investita mentre andava a giurare al Quirinale. Forse lo hai fatto ed io, colpevolmente, ne sono ignaro. Il problema è che raramente sono rimasto in imbarazzo vedendo una clip televisiva. Tu che cerchi di introdurti nel suo campo visivo e nella sua camminata rivolgendole volgarità, membri, strafica, rapporti, tutte basate sull’ambiguità e sull’equivoco: uno spettacolo indecoroso. E guarda, io non mi infilo nello scivoloso ambito del politicamente corretto, del sessismo, degli insulti alla donna in quanto donna. E’ solo una cosa brutta, che rientra nella categoria della maleducazione prima ancora che in quella del disprezzo per le donne. Qualcosa che ricorda più un rutto che non la scorrettezza di genere. Volgarità, ecco la parola giusta, volgarità gratuita, che non fa ridere e se anche facesse ridere sarebbe comunque bruttissima. Enrico, hai messo insieme due cose fastidiosissime: l’inviato che insegue il politico facendogli domande a ripetizione e la sgradevolezza dell’eloquio. Un record difficilmente battibile d’ora in poi. E che risulta particolarmente irritante sotto la firma delle Iene, e anche sotto la firma tua. Ci avevate abituato ad una satira dura, spesso feroce, ma sempre civile e precisa.
- 27 Febbraio 2014
Io mi sento circondato da ipocrisia, luoghi comuni, correttezza politica, finzioni, perbenismo, conformismo e non ne posso più. Invece di badare al sodo ci si ferma tutte le volte alla forma. Da quando nessuno chiama più gli extracomunitari “vu cumprà” qualcosa è cambiato in meglio per loro? Siamo diventati tutti molto educati quando trattiamo male la gente. Una delle cose più ridicole che siamo costretti a vedere quando sfogliamo i giornali sono i pixel che sformano i visi dei bambini. I visi dei bambini sono le cose più carine e gradevoli che si possono ammirare sui quotidiani. Ma pixelate il bimbo oppure rischiate sanzioni. I figli di Matteo Renzi vanno in Parlamento tutti orgogliosi del loro papà e vorrebbero essere riconosciuti dai loro compagni nelle foto dei quotidiani. Niente. Tutti pixelati. Ma nessuno si sogna di pixelare i bambini della scuola Colletti di Treviso che Matteo Renzi è andato a trovare appena eletto. Io non riesco a capire perché bambini bellissimi debbono essere così sfregiati dall’elettronica. L’altro giorno un bambino vestito da piccolo papa Francesco è stato preso in braccio dal vero papa Francesco in piazza San Pietro. Temevo l’arrivo dei pixel e invece no. Allora ho fatto una piccola ricerca ed ho scoperto che i bambini baciati dal papa non vengono pixelati. Qual è la regola? Non si sa. Ma il buon senso direbbe che il politicamente corretto, quando si esagera, è una gigantesca pirlata.
PS Ultime notizie: hanno pixelato anche il piccolo papa Francesco.
- 20 Febbraio 2014
L’imposta patrimoniale divide. Ci sono pochissimi ricchi che parlano bene della patrimoniale. E pochissimi poveri che ne parlano male. Ma i poveri in Italia contano pochissimo e votano malissimo. Così la patrimoniale in Italia è meno popolare di un’operazione a cuore aperto senza anestesia. Nessuna tassa è popolare. Ma è la regola basica del patto sociale. Se si vuole far funzionare una nazione ci vogliono i soldi. E i soldi si raccolgono con le tasse sul reddito, sui consumi, sui patrimoni. Le tasse sul reddito possono essere giuste o ingiuste. Dipende dalle aliquote e dalla loro progressività. Quelle sui consumi sono tendenzialmente ingiuste. Un aumento dell’Iva fa un baffo ai ricchi ma rende difficile la vita ai poveri. Ma una cosa è certa, la patrimoniale, cioè prendere i soldi dove i soldi sono, è una tassa fondamentalmente giusta. E dove sono i soldi? La metà della ricchezza accumulata in Italia è in mano al 10 per cento della popolazione. Tanto per capirci sei milioni di persone in Italia hanno tanti soldi quanti ne hanno gli altri 54 milioni. Se servono soldi per uscire dal baratro li chiediamo ai 6 milioni o ai 54 milioni? Ma in Italia quando le tasse colpiscono i ricchi ci sono grandi proteste. Quando colpiscono i poveri si dice: “Ce lo chiede l’Europa”. Per questo tutta la mia solidarietà vada a Fabrizio Barca che ha detto che se facesse lui il ministro dell’Economia varerebbe una patrimoniale da 400 miliardi di euro. Ovviamente non lo faranno mai ministro dell’economia.
- 12 Febbraio 2014
“Francamente non ricordo di aver contattato informalmente, da capo dello Stato, Mario Monti per sondare la sua disponibilità per un eventuale incarico”. Francamente Carlo Azelio Ciampi, che fu presidente della Repubblica, non lo ricorda. Non si può ricordare tutto anche se una cosa del genere, come il primo amore, non si dovrebbe scordare mai. In tutto il bailamme scatenato dal libro di Alan Friedman sui contatti segreti di Napolitano, nel 2011, per trovare un successore a Berlusconi ancora in sella, quello che mi ha incuriosito di più è stato l’intervento di Carlo Azelio Ciampi che intervistato dal Messaggero ha ricordato che forse una cosa del genere l’aveva fatta anche lui. E si è autoassolto. ”Anche se lo avessi fatto non ci sarebbe stato alcunché di anomalo”. Alcunché. “Ogni Capo dello Stato ha diritto di avere contatti riservati”. E poi: “Se lo avessi fatto non sarebbe stato certo un delitto”. Carlo Azelio Ciamopi ne è certo. “Non ci sarebbe stato nulla di anomalo o di irregolare”. Nulla. Io mi sono un po’ stancato di tutti quei politici che si ritengono al di sopra delle regole. Che quando non tocca a loro parlano di trasparenza e quando tocca a loro parlano di riservatezza. No. I presidenti sono eletti dai parlamentari che sono eletti dai cittadini. E sono pagati dai cittadini. E i cittadini vogliono sapere tutto, tutto. Non c’è nessun diritto alla riservatezza nella Costituzione. Io ti ho eletto e voglio sapere quello che fai. Perché ti ho eletto io e perché ti pago io. E scusatemi se sono volgare.
- 5 Febbraio 2014
Il dibattito è aperto: non si può bruciare nessun libro, nemmeno un libro brutto o pericoloso. Bruciare un libro è un atto violento che simbolicamente nega a qualcuno il diritto di esprimersi cancellando traccia del suo pensiero. E via con Voltaire. “Io non sono d’accordo con quello che dici, ma sono disposto a dare la vita, perché tu possa esprimere il tuo pensiero” . Va benissimo. Non si brucia il pensiero altrui. Il tema è succulento e si sa dove si comincia ma non si sa dove si finisce. Porte spalancate al luogo comune, all’enunciazione di sicurezze, al politicamente corretto. Facile fare bella figura. Quello che ha bruciato il libro di Augias è un pirlotto, ma veramente non aveva il diritto di bruciare il libro di Augias? Voi sapete che a me piace coltivare il dubbio. E che mi piacciono le contraddizioni. Quindi, pronti via. Gli intellettuali della sinistra si sarebbero scandalizzati se il pirlotto avesse bruciato Mein Kampf? Ve lo dico io: no. Voltaire avrebbe detto: “Io non sono d’accordo con quello che Adolf Hitler dice, ma sono disposto a dare la vita perché possa esprimere il suo pensiero”? Ve lo dico io: no. Quando si enuncia un principio categorico bisogna essere disposto ad andare fino in fondo. Il libro gode di un extra diritto? No. Molti Stati ancora oggi mandano al rogo libri. Quelli che negano l’olocausto, per esempio. E mandano in galera i loro autori. Una cosa è certa. L’indignazione è un prodotto di largo consumo. Ed ognuno la usa come vuole.
- 28 Gennaio 2014
Una gentile signora vegana mi tratta malissimo perché ho paragonato una foglia di insalata ad una mucca. La sua lettera la potete leggere nella rubrica appunto delle lettere. Effettivamente devo confessare che non mi sfugge la differenza fra una frisona ed una piantina di rughetta. Ma io, nella mia rubrica, cerco di mettere il luce le contraddizioni che attraversano il pensiero degli animalisti, di noi animalisti, pronti a difendere gli elefanti e ad ammazzare le zanzare. Tema che mi interessa moltissimo. La signora che mi maltratta sembra convintissima (ah, quanto invidio le sicurezze!) che il mondo animale soffre e il mondo vegetale no. Lei poi, è vegana. Cioè, in nome del principio che non bisogna sfruttare gli animali consumandone i prodotti, non beve latte, non mangia formaggio, non calza scarpe di cuoio, non dorme sotto piumoni. Sarei quasi portato a darle ragione. Non bisogna usare i prodotti degli animali per i nostri comodi. Mi chiedo però: se l’insalata invece possiamo mangiarla, che cosa mi dice la signora cattivissima e vegana del letame che usiamo per far crescere rigogliosi i rapanelli, le carote e i cavolfiori? Il letame non è forse prodotto dalla vacca, dal cavallo e dalla pecora? Ecco signora vegana, questo è quello che io intendo per contraddizioni difficili da sanare e di dubbi impossibili da chiarire. La vita è complessa e chi pensa di aver capito tutto non ha capito niente. Me lo lasci dire, per sapere se il cavoletto di Bruxelles soffre bisognerebbe chiederlo a lui.
- 22 Gennaio 2014
C’è una forma di intolleranza che non solo è insopportabile, come tutte le intolleranze, ma è anche incomprensibile. Quella contro i gay. Altre intolleranze hanno spiegazioni, radici storiche, ragioni. Ragioni folli, ma ragioni. Ma come ci si può spiegare che ancora oggi ci siano delle persone che combattono i gay? Una cosa è certa: chi odia i gay, e li combatte, è un deficiente. Quando parli con un omofobo ti tocca ascoltare frasi sconnesse. A cominciare dalla prima, quella che dicono tutti: “Io non ho nulla contro i gay, anzi mi sono simpatici, ho molti amici gay, ma…” E dopo quel “ma” una serie di corbellerie una peggio dell’altra. Che non debbono baciarsi in pubblico (gli eterosessuali sì?), non debbono sposarsi perché lo dice la Costituzione (falso, la Costituzione parla di matrimonio senza mai dire “fra eterosessuali” né le parole “uomo” o “donna”), non debbono adottare figli “perché la figura paterna, la figura materna…” (allora togliamo i figli ai separati e ai vedovi?), che non debbono fare i maestri (metà Grecia antica sarebbe rimasta ignorante). L’omofobia io non solo la disprezzo ma proprio non la capisco. Invidia? Paura dei diversi? Non lo so. Non mi resta che chiudere il discorso con una frase quasi razzista. Siamo circondati da una quantità incredibile di imbecilli. Pensate solo i comunisti, quelli ufficiali, i sovietici, i cinesi. Volevano cambiare il mondo. Ne volevano costruire uno più giusto, senza discriminazioni. Tranne che per i gay. Quelli li uccidevano.
- 15 Gennaio 2014
La privacy. Metterei mano alla pistola tutte le volte che qualcuno invoca la privacy. Ci sono parole che spesso vengono usate come strumenti per ribadire la differenza di classe. Come “cultura”, come “stile”, come “buon gusto”, come “classe” appunto. Privacy è una di queste. La privacy non è roba da poveri. Se andate a Scampia della privacy non gliene può fregare di meno. Nei centro di accoglienza di Lampedusa, vi assicuro, si parla poco di privacy. Anche quei poveretti che in pubblico venivano innaffiati nudi con il disinfettante contro la scabbia non parlavano di violazione della privacy. Di violazione della privacy parlano i ricchi, i potenti. O meglio, i nuovi ricchi, i nuovi potenti. Prima di raggiungere la ricchezza ed il potere fanno di tutto per svelare particolari della propria vita. “Se sarò eletto io”, dichiarava François Hollande al Corriere della Sera, “io e Valérie sceglieremo la trasparenza nella vita personale”. Poi è stato eletto e, alla prima occasione, si è appellato alla privacy. Perché il fotografo che ha documentato i suoi incontri con l’amante meriterebbe addirittura una bella querela. Querela che Hollande non ha fatto, lasciando l’incombenza all’amante. Per i politici bisognerebbe stabilire una regola. Far loro firmare, prima dell’inizio della carriera, una rinuncia alla privacy. Perché la politica non deve essere, come oggi è, una serie di diritti e di privilegi. La politica è una serie di doveri e di responsabilità. Se non ti sta bene, tranquillo, puoi sempre trovarti un lavoro.
- 8 Gennaio 2014
La contraddizione è una bella scocciatura. Non la voglio buttare in filosofia. Anche perché i filosofi sulla contraddizione si sono scannati per secoli. Ricordate il principio di non contraddizione? Se una cosa è “A” non può essere anche “non A”. Facile, troppo facile. Contraddire il principio di non contraddizione è stato per secoli l’attività preferita degli studiosi. Resta il fatto che la contraddizione è , nella vita di tutti i giorni, inevitabile. L’ho presa alla larga per dire che la coerenza è una bella cosa. Ma è impossibile. La coerenza può essere una meta, una speranza, un impegno, un desiderio. Ricordate che ho già dedicato qualche riga alla impossibile coerenza di amare tutti gli animali? Salviamo la tigre del Bengala ma uccidiamo le vipere. Commuoviamoci per i Panda in estinzione ma cerchiamo di estinguere tutte le zanzare. Ma si può andare oltre percorrendo gli scivolosi sentieri della contraddizione e della coerenza. Si può dire: “Abbasso la caccia” mentre si mangia un pollo arrosto? E, in fondo, se proprio vogliamo sottilizzare, perché i vegetariani mangiano l’insalata che è pur essa un organismo vivente? Mi sono venuti in mente questi sciocchi pensieri vedendo la faccia gioiosa di papa Francesco con sulle spalle un agnellino con uno splendido musetto. Era il giorno dell’epifania. Tutti contenti nel festeggiare l’agnellino, grande simbolo religioso. Ne riparliamo a Pasqua, festa religiosa, e quando ce lo mangeremo. Basterà chiamarlo abbacchio. E’ una bella contraddizione e la coerenza va a quel paese.