Oggi vorrei difendere una persona. Vorrei difendere l’indifendibile. Quello che tutti attaccano. Vittorio Sgarbi. Ho visto la sua trasmissione, quella sospesa. E’ vero. Era contro tutte le regole della televisione. Non aveva ritmo. Era scombiccherata. Era egocentrata. Non rispettava la scaletta. C’erano cose che non si capivano. C’erano cose che interessavano solo Sgarbi. Era lenta. Sgarbi introduceva un ospite e se lo dimenticava. Sgarbi era sempre lì, davanti alla telecamera. Non se ne andava mai. Una trasmissione insensata. Mischiava momenti di poesia e di cultura con polemiche personali. Sgarbi trattava male gli spettatori in studio e gli ospiti sul palco.
Bene, tutto questo mi è piaciuto. Mi è parso finalmente di vedere qualcosa di diverso. A me non piace vedere le sparate di Sgarbi quando urla nelle trasmissioni degli altri, quando insulta gli interlocutori, quando ripete ossessivamente una frase o una parola. Ma l’altra sera ero come ipnotizzato di fronte al menefreghismo che Sgarbi mostrava nei confronti di ciò che bisogna fare quando si fa televisione. Vittorio Sgarbi ha segnato un momento di rottura. Probabilmente non avrei mai guardato la seconda puntata. Ma la prima rimane una pietra miliare. Tutto ciò che non bisogna mai fare in una trasmissione televisiva Sgarbi l’ha fatto. Finalmente qualcuno ha osato!

[csf ::: 19:14] [Commenti]
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C’era una volta un Paese dove bastava un quarto d’ora di celebrità per finire in parlamento e dove essere uomo o donna di spettacolo garantiva ipso facto un seggio. Successe a Gerry Scotti, a Cicciolina, a Gino Paoli , ad Iva Zanicchi. Successe a calciatori, Massimo Mauro, Gianni Rivera, e a personaggi e giornalisti televisivi, Elisabetta Gardini, Mara Carfagna, Luxuria, Lilli Gruber, Michele Santoro, Barbara Matera. Il parlamento diventava un’alternativa per vip ansiosi. Incredibile. Siamo guariti. Ornella Vanoni, la mitica, la grande, la insuperabile, a Milano si è presentata ed ha ottenuto 36 preferenze, nemmeno i parenti stretti. Cinzia Cracchi, l’amante del sindaco di Bologna che lo denunciò, causando le sue dimissioni, e rimase per settimane e settimane sulle pagine dei giornali, si è presentata a Bologna ed ha ottenuto 30 voti. Alessandro Nannini, l’ex corridore di Formula 1, si è candidato a sindaco di Siena ed ha beccato una sonora sconfitta. Antonio Pennacchi, lo scrittore fascio-comunista vincitore del premio Strega, ha presentato una sua lista a Latina ed ha ottenuto –udite udite- l’uno per cento. Vorrà dire qualcosa? E’ una deriva positiva o è solo un caso? E’ sicuramente un segno che riempie di ottimismo. Lasciatemi gioire.

[csf ::: 19:11] [Commenti]
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Il trucco sarebbe fare uso di maggiore prudenza. Metti che c’è un terremoto fra i cinque più disastrosi mai verificatisi al mondo. Metti che da quelle parti ci siano delle centrali nucleari. Metti che almeno in una di quelle si verifichi una esplosione. Metti che qualche autorità parli di pericolo di fuoruscita di materiale radioattivo. Metti tutto questo. Tu che fai? Ti do due possibilità. La prima: te ne stai cauto, aspetti notizie, speri che venga smentito ogni pericolo, temi che arrivino più gravi annunci. Le seconda: fai subito delle dichiarazioni per dire che si tratta di allarmi eccessivi, ti fai intervistare per dire che l’atomo è sicuro, critichi tutti coloro che si dimostrano preoccupati.
Che cosa fa secondo voi Chicco Testa, una volta antinuclearista, oggi nuclearista? Facile, la seconda. Attacca tutti quelli che sostengono i pericoli dell’energia atomica. Gli impianti giapponesi hanno dimostrato di ‘tenere botta’, dice. E poi: chi trae spunto dalla tragedia che ha colpito il Giappone per dare vita a una polemica politica è uno sciacallo. Dice anche: siamo lontani dalla fuoruscita di radiazioni. Inoltre: i danni delle centrali a carbone sono molto maggiori. Ma non basta: l’atomo è il sistema più sicuro per produrre energia. Potrebbe anche avere ragione. Ma attendere qualche giorno prima di dare sfoggio di tutta questa sicurezza?

[csf ::: 19:15] [Commenti]
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Insomma, le cose sono andate così: Lucio Presta, potente manager di Benigni, Belen, Bonolis, Clerici, uomo molto odiato e molto amato, alla fine del festival di Sanremo, si toglie un paio di sassoloni dalle scarpe e dice che nonostante il successo della manifestazione, non lavorerà più con la Rai finché nella Rai lavoreranno Mauro Masi e Antonio Verro. Dichiarazione non da poco visto che Masi è il direttore generale della Rai e Verro è consigliere di amministrazione. Ma si può vietare ad un signore di decidere con chi lavorare e con chi no?
E’ inutile cercare di sviscerare i motivi. Presta è convinto che i due abbiano remato contro di lui. Vero? Non vero? E’ credibile ma non è importante. Importante è che Presta lo pensa. E che, da quando si occupa del Festival, Sanremo ha avuto un’impennata dietro l’altra ed oggi è lo spettacolo leggero di maggior successo in Italia. Le sue parole scatenano reazioni. Tutti hanno diritto di dire quello che vogliono. Presta ha detto la sua e gli altri dicano la loro. La logica, il buonsenso, la serenità, dovrebbero guidare i comportamenti e le dichiarazioni dei manager come di tutta la nostra classe dirigente. Antonio Verro sembra dimenticarlo. Ricordiamolo: Presta ha detto che non lavorerà più con la Rai finché ci saranno Masi e Verro. E Verro risponde: “Presta ha tanti poteri tranne quello di licenziare Masi e me dalla Rai”. Buonsenso? Logica? Serenità?

[csf ::: 19:16] [Commenti]
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Caro ministro Maria Vittoria Brambilla, ho letto il suo intervento (“Corriere della Sera”) sulla manifestazione delle donne italiane che reclamavano la loro dignità. Capisco l’imbarazzo che può avere una donna a militare in un partito di cui è leader un uomo che è stato accusato da Daniela Santanché di vedere le donne solo in posizione orizzontale. Da una parte lei si sente donna (immagino la parte principale) e dall’altra ha un dovere di obbedienza ministeriale. Per questo ho apprezzato il suo piccolo saggio soprattutto nella parte iniziale dove dice che “dagli anni Settanta le donne italiane hanno fatto molta strada” ricordando le donne radicali e di sinistra che “scendevano in piazza …rivendicando un cambiamento culturale che potesse metterle in condizioni di indipendenza, faticosamente affermata nei decenni a seguire e per la quale tutte noi siamo debitrici”. Leggevo e mi dicevo: “Guarda il ministro, che coraggio, sta spiegando perché é d’accordo con la manifestazione”. E infatti lei, ministro, ricordava il divorzio, l’aborto, la procreazione assistita, lo stalking, tutte leggi faticosamente conquistate grazie alla mobilitazione di massa. E invece no. Ad un certo punto in lei, donna liberale, ha ripreso il sopravvento il ministro berlusconiano. “Non ha alcun senso scendere in piazza”, ha scritto, “per una manifestazione che non trova una sua giustificazione nella realtà ma solo nella politica del tutto strumentale della sinistra”. Mah

[csf ::: 19:03] [Commenti]
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Berlusconi? E allora De Benedetti? Bunga bunga? E allora Marrazzo? Santanché? E allora Travaglio? Un sistema vecchio e abbastanza stupido. Ad ogni ignominia se ne fa corrispondere una di uguale peso e disegno contrario per giustificare le campagne di denigrazione che partono da alcuni giornali di destra.
Ma è troppo facile sistemare le cose in questa maniera. In Italia non ci sono due schieramenti di quotidiani contrapposti pronti a combattersi senza risparmio di colpi. Esistono dei giornali, belli o brutti, obbiettivi o di parte, che fanno il loro mestiere, bene o male, ma che sono comunque giornali, che cercano di fare informazione. Giornali leggendo i quali, e facendo la tara, si ha una idea di quello che è successo il giorno prima. Poi ci sono dei giornali non-giornali. Foglietti propagandistici. Volantini politici. La destra ha avuto quotidiani rispettabili. Ma questa non è stampa di destra. E’ stampa aziendale. Queste non sono inchieste, sono campagne. Non sono titoli, sono violenti slogan. Non si cerca la verità, si cerca la vendetta.
Dice: è inevitabile in questo momento di forte bipolarismo. No. I giornali normali, anche i giornali schierati a sinistra, cercano quasi sempre, e quasi tutti, di fare giornalismo. I quotidiani-volantino non ci provano nemmeno. Non lo sentono come loro compito. Peccato. Sarebbe bello se ci fosse in Italia una bella stampa di destra. .

[csf ::: 19:07] [Commenti]
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Berlusconi? E allora De Benedetti? Bunga bunga? E allora Marrazzo? Santanché? E allora Travaglio? Un sistema vecchio e abbastanza stupido. Ad ogni ignominia se ne fa corrispondere una di uguale peso e disegno contrario per giustificare le campagne di denigrazione che partono da alcuni giornali di destra.
Ma è troppo facile sistemare le cose in questa maniera. In Italia non ci sono due schieramenti di quotidiani contrapposti pronti a combattersi senza risparmio di colpi. Esistono dei giornali, belli o brutti, obbiettivi o di parte, che fanno il loro mestiere, bene o male, ma che sono comunque giornali, che cercano di fare informazione. Giornali leggendo i quali, e facendo la tara, si ha una idea di quello che è successo il giorno prima. Poi ci sono dei giornali non-giornali. Foglietti propagandistici. Volantini politici. La destra ha avuto quotidiani rispettabili. Ma questa non è stampa di destra. E’ stampa aziendale. Queste non sono inchieste, sono campagne. Non sono titoli, sono violenti slogan. Non si cerca la verità, si cerca la vendetta.
Dice: è inevitabile in questo momento di forte bipolarismo. No. I giornali normali, anche i giornali schierati a sinistra, cercano quasi sempre, e quasi tutti, di fare giornalismo. I quotidiani-volantino non ci provano nemmeno. Non lo sentono come loro compito. Peccato. Sarebbe bello se ci fosse in Italia una bella stampa di destra. .

[csf ::: 17:53] [Commenti]
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Qualcuno le chiama “le ragazze di Lele”, da Lele Mora, il loro agente. Altri le chiamano “le olgettine” dal palazzo di via Olgettina dove abitavano. Non tutte erano con Lele Mora e non tutte abitavano in via Olgettina. Ma un nome collettivo fa sempre comodo ai giornalisti. Accumunate dal soprannome, le varie ragazze, le Ruby, le Barbare, le Flo, le Miriam avevano in comune anche una caratteristica: il desiderio di fare soldi e carriere facili. Gioielli, comparsate, velinate, buste con biglietti da 500 euro: le intercettazioni raccontano un mondo senza valori. Una parola sopra tutte: la scorciatoia. Meglio partecipare alla corte del Sultano e tornare a casa con la paghetta dopo serate passate a giocare con lui.
Poi il giocattolo si è rotto e nelle intercettazioni cominciano a comparire altre parole e altri concetti: culo flaccido, vecchio, ingratitudine, ne voglio di più, a te quanto ha dato e cose del genere. E nelle interviste, le lamentele. Barbara dice che la sua vita è rovinata e che è rimasta indietro con gli esami perché non riesce a concentrarsi (forse era indietro da tempo, è difficile rimanere indietro in due mesi, ma dare la colpa a qualcuno è meglio). L’altra Barbara dice che tutti i suoi lavori sono saltati. Miriam racconta che nessuno la chiama più e che, anche se la chiamano, non se la sente di uscire. E’ questo il dramma di chi sceglie le scorciatoie: non sa più trovare la strada normale.

[csf ::: 19:10] [Commenti]
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Qualcuno le chiama “le ragazze di Lele”, da Lele Mora, il loro agente. Altri le chiamano “le olgettine” dal palazzo di via Olgettina dove abitavano. Non tutte erano con Lele Mora e non tutte abitavano in via Olgettina. Ma un nome collettivo fa sempre comodo ai giornalisti. Accumunate dal soprannome, le varie ragazze, le Ruby, le Barbare, le Flo, le Miriam avevano in comune anche una caratteristica: il desiderio di fare soldi e carriere facili. Gioielli, comparsate, velinate, buste con biglietti da 500 euro: le intercettazioni raccontano un mondo senza valori. Una parola sopra tutte: la scorciatoia. Meglio partecipare alla corte del Sultano e tornare a casa con la paghetta dopo serate passate a giocare con lui.

Poi il giocattolo si è rotto e nelle intercettazioni cominciano a comparire altre parole e altri concetti: culo flaccido, vecchio, ingratitudine, ne voglio di più, a te quanto ha dato e cose del genere. E nelle interviste, le lamentele. Barbara dice che la sua vita è rovinata e che è rimasta indietro con gli esami perché non riesce a concentrarsi (forse era indietro da tempo, è difficile rimanere indietro in due mesi, ma dare la colpa a qualcuno è meglio). L’altra Barbara dice che tutti i suoi lavori sono saltati. Miriam racconta che nessuno la chiama più e che, anche se la chiamano, non se la sente di uscire. E’ questo il dramma di chi sceglie le scorciatoie: non sa più trovare la strada normale.

[csf ::: 17:46] [Commenti]
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Una volta ho intervistato Totò Vasa-Vasa. A quei tempi era l’uomo politico siciliano più famoso ed era sospettato di collusione con la mafia. Lo chiamavano Vasa-Vasa perché baciava tutti. Baciò anche me. Come fosse un omaggio. Come quando il fabbricante di caramelle ti regala un sacchetto dei suoi prodotti. Totò Cuffaro mi rimase impresso. Sosteneva ovviamente di essere innocente e per dare maggiore convinzione diceva: “La mafia mi fa schifo”. Mi rimase impresso nella mente. Cuffaro è uno di quei personaggi che non si cancella facilmente dalla casella del cervello in cui si sono insinuati. Così, il giorno in cui ho letto che era entrato in prigione, andai subito a leggere le sue dichiarazioni. Disse: affronto la pena come è giusto che sia. Io pensavo: adesso però dice anche che paga gli errori degli inquirenti. Disse: è l’insegnamento che lascio come esempio ai miei figli. Io pensavo: adesso comunque dice che si sacrifica perché le istituzioni sono al di sopra di tutto, anche del suo martirio. Disse: è un’esperienza tremenda che rafforza in me la fiducia nella giustizia. Io pensavo: adesso aggiunge che in ogni caso ci sono delle mele marcie anche fra i magistrati.
Questa rubrica parla sempre male di persone che affermano con arroganza di essere perbene. Questa volta no. Stavolta voglio parlare bene di una persona di cui si parla male.

[csf ::: 19:05] [Commenti]
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