Un giorno potrò dire: “Io c’ero”. C’ero negli ultimi giorni dell’impero. C’ero quando la politica agonizzava per colpa di politici incapaci, insensibili, inesorabili nel continuare con i loro comportamenti insensati. Alle elezioni vanno sempre in meno a votare. Ma i tesorieri dei partiti si fanno beccare sempre più spesso con le mani del sacco. La fiducia nei politici raggiunge i minimi storici, ma ce ne fosse uno disponibile a fare mea culpa. Le facce, sempre le stesse, le parole, sempre le stesse. Si chiedono sacrifici agli italiani, anche ai più poveri, e nessun parlamentare si dichiara disposto a farne mezzo. Gente con cinque o sei legislature sulle spalle non ne vuole sapere di lasciare ai giovani il compito di amministrare il nostro Paese. Un Paese disastrato, con una credibilità internazionale tendente allo zero, istituzioni allo sfacelo, corruzione galoppante, spirito civico scomparso, politici catatonici tutti presi a fare inutili e sterili discussioni sulla democrazia interna dei loro partiti, incapaci di fare una minima accettabile riforma elettorale. Io c’ero, quando un comico saltò fuori a dire cose banali, come per esempio che non possiamo farci governare da pregiudicati, che non si può continuare a finanziare i politici con fondi che vengono usati per sgranocchiare aragoste e portare in vacanza le fidanzate. Io c’ero quando tutti i politici e i partiti, finalmente compatti, cominciarono a dire che il comico era un qualunquista e che bisognava combattere l’antipolitica. Insomma, è Grillo che deve togliersi dalle scatole, non loro.

[csf ::: 18:24] [Commenti]
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Nel maggio del 2010 fu eletta, si fa per dire, senza un voto di preferenza, consigliere regionale della Lombardia, comodamente sistemata nel listino bloccato del candidato Roberto Formigoni. Due mesi dopo si presentò in questura per tirare fuori dai guai per conto di Berlusconi Ruby Rubacuori. Cinque mesi più tardi scoppiò il putiferio e oggi è famosa perché gestiva le olgettine, le ragazze che finanziate dal ragioniere del premier, vivevano a sbafo in via dell’Olgettina e allietavano più o meno mascherate le notti di Arcore.
Questa è Nicole Minetti. Possiamo senza alcuna titubanza ammettere che c’è una certa differenza fra la sua maniera di essere politica e qualsiasi donna del governo dei tecnici. Che so? Tra la Fornero e la Minetti c’è un’abisso. Ma c’è un abisso anche fra la Minetti e qualsiasi altro politico del partito che fu Forza Italia? E allora come mai oggi i berlusconiani vogliono che si dimetta? In parlamento siedono cento indagati, processati, condannati. E allora come mai i suoi colleghi di partito, lo stesso grande capo, lo stesso segretario, vogliono che si dimetta? Basterà che Nicole si allontani dal Pdl per ridare verginità ai berlusconiani? Giorgia Meloni e Gianni Alemanno insistono perché Nicole tolga il disturbo, ma non parlano dei mafiosi, dei corrotti, dei corruttori. Dimenticano che Berlusconi è imputato. Che Formigoni è imputato. Per reati peggiori. Perché Nicole se ne deve andare e il Celeste che è il suo mandante politico può rimanere? Nicole resisti.

[csf ::: 18:28] [Commenti]
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Ogni epoca ha le sue abitudini religiose. Ai miei tempi di giorno si leggevano i sacri testi e la sera si dicevano le preghiere. Ancora oggi qualcuno lo fa. Ma la religione ormai è un’altra, è la tecnologia. Tutte le nostre energie, anche quelle spirituali, sono dedicate a far funzionare le decine di computer installati in casa. Circondati da molteplici led rossi, verdi e azzurri, a volte fissi, a volte lampeggianti, moderne lampade votive dedicate alla divinità comunicazione, passiamo gli anni migliori della nostra vita a leggere i sacri testi, i manuali di funzionamento di Iphone, Black Berry, Samsung, Ipad. Complicatissimi. Io prima o poi ci devo parlare con quelli che li scrivono. Se per caso si passa da un Pc ad un Mac, non basta un week end per memorizzare le novità e trasportare tutti i dati da un apparecchio all’altro. Partono frenetiche telefonate agli amici smanettoni, moderni sacerdoti che tutto sanno e tutto perdonano, rimanendo interdetti di fronte al nuovo latino, browser, server, follower, firewall, mousepad, skype, download, una specie di inglese senza il quale è impossibile procedere sulla via dell’iniziazione. Poi infine, la sera, il rito che sostituisce le preghiere. La ricarica. Si ricaricano tutti i telefonini, i tablet, i portatili. Solo allora ci si infila sotto le coperte, sussurando l’unica preghiera tradizionale: “Signore, fa che riesca a capire finalmente che cosa significa finder, dashboard, launchpad. Dimmi, ti prego, a che cosa serve Icloud”. App, e così sia.

[csf ::: 10:03] [Commenti]
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Tutta la nostra solidarietà ad Alessandro Sallusti, direttore del Giornale. L’idea che un articolo su un quotidiano possa essere combattuto con la galera è stupida prima ancora che ignobile. E il fatto che ci ci sia una legge che lo prevede non cambia nulla. Esistono anche le leggi sbagliate che vanno combattute e cambiate. Ma vorrei andare avanti. Sallusti ha avuto tonnellate di solidarietà. Ma non è la prima volta che si parla di carcere per un giornalista. Anzi, qualche giornalista in carcere ci è andato già. Per non parlare delle condanne pecuniarie. Centinaia di migliaia di euro. Personalmente, dovesse capitare a me, non avrei dubbi: meglio la galera, comunque è un’esperienza interessante per capire una vita che molti vivono. Andare in galera per aver fatto il proprio mestiere, in ogni caso, non compromette l’immagine. Un mio amico giornalista ci è finito ed oggi vive tranquillamente la propria rispettabile vita stimato da tutti. Il guaio dei giornalisti è essere colpiti sui soldi. Spesso si viene condannati a pagare cifre corrispondenti al proprio stipendio di un anno. Non ce lo possiamo permettere. Ed è singolare, anzi no, è comprensibilissimo, che la politica, pur potendolo fare, non abbia mai messo mano ad una riforma di tutte le leggi liberticide che imbrigliano il nostro mestiere. Per questo rinnovo la mia solidarietà al collega Sallusti. In attesa che esibisca tutti gli articoli scritti (ce ne saranno, sono sicuro, tantissimi) per combattere le leggi che oggi colpiscono lui.

[csf ::: 10:04] [Commenti]
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Arrivano, puntuali come le stagioni, i consigli su come si debbono vestire gli uomini. Leggo: “Mi permetto di fare una riflessione su come le donne vorrebbero veder vestito un uomo”. Dunque: un uomo senza calze non si può proprio vedere. Cominciamo bene. In un ipotetico incontro di boxe mi sono già beccato un gancio al fegato. E poi: anche d’estate, giacca e cravatta. Scarpa stringata e al massimo mocassino. Sono in difficoltà. L’avversario mi sta lavorando ai fianchi. Per carità, non farti vedere con t-shirt, bermuda, scarpe da barca, sneakers. E, dio non voglia, sandali. No, i sandali no! La regola è ferrea! Il piede va sempre coperto! Sono alle corde. A questo punto devo prendere una decisione importante. Vado avanti? La situazione per me si è fatta veramente imbarazzante. Potrei gettare la spugna. Invece proseguo con temerario coraggio. I colori. Mai mescolarne più di uno. Qui ho un attimo di recupero perché un colore da solo non si mescola, ce ne vogliono almeno due. Ma continuo e le cose si mettono di nuovo male. Anzi, per me è il colpo del knok out. “Spererei di non vedere mai più per le strade delle città le canottiere”. Non hoi alternative. Visto come vesto, non uscirò più di casa oppure lo farò solo di noitte, in quartieri scarsamente illuminati, strisciando lungo i muri. Sandali, canottiere, t-shirt multicolori vedranno di darsi da fare per scegliere percorsi alternativi a quelli usuali degli esperti di moda. (E vogliamo parlare dei calzini corti?)

[csf ::: 18:31] [Commenti]
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La conferenza stampa è quella cosa durante la quale i protagonisti di un avvenimento raccontano le loro storie e poi rispondono alle domande dei giornalisti. Alla conferenza stampa dopo la premiazione dei film vincitori del festival di Venezia i giornalisti vogliono porre alcune domande al regista Matteo Garrone, uno dei nove membri della giuria che ha assegnato il Leone d’Oro al film coreano “Pietà”. In particolare vogliono chiedergli com’è che il film italiano “Bella addormentata” di Marco Bellocchio non ha vinto. La domanda, se vogliamo, è un poco stupidella. Che senso ha chiedere ai giurati perché hanno votato in un modo piuttosto che in un altro? Qualsiasi persona di media intelligenza risponderebbe: “Abbiamo votato “Pietà” invece che “Bella addormentata” perché l’abbiamo ritenuto più bello”. Fine. E forse è proprio questo che Matteo Garrone sta per rispondere. Ma appena apre bocca viene interrotto dal presidente della giuria Michael Mann che dice: “E’ una faccenda privata. Non potete chiederla a un singolo membro della giuria mettendolo in imbarazzo”. I giornalisti insistono. Vogliono sapere se c’è stata discussione. Altra domanda stupidella. Ovvio che c’è stata discussione. I giurati discutono e poi premiano. Garrone sta aprendo bocca e forse sta dicendo proprio questo, ma viene di nuovo interrotto, questa volta dalla giurata Samantha Morton che dice: “Questo è un modo di fare scorretto”. Una faccenda privata, un modo di fare scorretto. Mah.

[csf ::: 09:50] [Commenti]
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Quando scatta l’emergenza canicola i giornali tirano fuori dall’archivio vecchi articoli che ripropongono i famosi consigli sconfiggere la calura. Il consiglio più frequente è quello di bere molta acqua. Il secondo consiglio è mettersi un copricapo e usare una protezione 50 in caso di lunga esposizione ai raggi solari. E non andare in spiaggia alle 13. E non bere troppi superalcolici. E non mettere vestiti stretti e sintetici. E mangiare molta frutta e cibi leggeri. Per fortuna ci sono i giornali a darci questi singolari e inaspettati suggerimenti. Ma io mi sono accorto che non sono completi. I giornali dimenticano alcuni trucchi importantissimi ed io voglio ricordarveli: “Non uscite con la pelliccia di visone”. E’ poco elegante, la pelliccia non usa più e gli animalisti potrebbero prendervi di mira. “Non accendete i termosifoni”. Il governo dei tecnici ci ha invitato a limitare i consumi. Ce lo chiede l’Europa. “Non mangiate a colazione canederli, polenta, cassoela e luganega”. Stonano col cappuccino. Visto che i tempi di stampa sono quelli che sono, quando leggerete queste righe probabilmente l’emergenza canicola sarà sostituita dall’emergenza gelo. E i giornali partiranno con i consigli. Ma io vi anticipo i tre suggerimenti fondamentali. “Non mandate l’aria condizionata a palla”. “Non viaggiate in macchina con i finestrini aperti”. “Non uscite con i mocassini di cuoio se la strada è un lastrone di ghiaccio”. Io vi ho avvertiti. Poi non venite a lamentarvi con me.

[csf ::: 09:36] [Commenti]
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Nell’era della comunicazione nessuno insegna a comunicare. Dovrebbe essere una materia scolastica. Si insegna a scrivere, a contare, a disegnare. Ma non si insegna a parlare. Eppure è così importante. Basta assistere ad una discussione per rendersi conto che la gente non sa argomentare. Leggo una intervista a Ermete Realacci, ambientalista e deputato Pd. L’argomento è la politica energetica italiana. Il governo Monti vuole estrarre più metano e petrolio dal sottosuolo italiano per ridurre la dipendenza dall’estero. Favorevoli? Contrari? Ognuno ha la sua opinione, l’importante è saperla esprimere. Se sei contrario devi dire perché, quali rischi, quali alternative. Ecco Realacci. “E’ un’idea del passato, un passato che ha lasciato ferite profonde”. “Un’idea priva di senso”. “L’Italia ha ben altre carte da giocare”. Viene da chiedersi, quali? “Le idee, l’innovazione, la green economy”. Sì, va bene, ma cosa? “Le posate di plastica biodegradabile usate alle Olimpiadi di Londra erano prodotte da una ditta italiana”. Ma nel frattempo non potremmo estrarre petrolio e metano, visto che ce lo abbiamo? Confesso che non ho opinione al riguardo. Penso che se consumiamo metano e petrolio forse è il caso di estrarre anche quello che abbiamo. Ma forse vi sono controindicazioni. E speravo che Realacci mi chiarisse le idee. Ma Realacci ha usato un quarto di pagina senza riuscire a farlo. Ed io ne so quanto prima. Perché in Italia non si insegna oratoria.

[csf ::: 10:01] [Commenti]
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Molte delle cose di economia io proprio non le capisco. Non capisco come si fa a dare lavoro ai giovani se si impedisce ai vecchi di andare in pensione. Non capisco come si fa a far diminuire il debito pubblico se si emettono buoni del tesoro in continuazione. Non capisco che razza di giustizia sociale si persegue tassando i poveri e proteggendo i ricchi. Non capisco perché l’Europa dà un sacco di soldi alle banche italiane e le banche italiane non le danno ai cittadini che ne hanno bisogno. Non capisco perché lo Stato italiano esige i crediti ma non paga i debiti. Dice: c’è bisogno di soldi. Certo, questo lo capisco. E ho anche la soluzione. Io credo che i comuni ricaverebbero un sacco di soldi punendo i cittadini che fanno danni. Multiamo quelli che buttano le cicche delle sigarette per terra, gli automobilisti che inquinano perché non fanno revisionare il motore, quelli che parcheggiano sui passaggi riservati ai portatori di handicap, quelli che non puliscono le strade dalle cacche dei loro cani, quelli che buttano le bottiglie di plastica nei boschi, quelli che lasciano il motore acceso durante le soste, quelli che non fanno la raccolta differenziata, quelli che vanno coi motoscafi a manetta vicino alle spiagge, quelli che scaricano le acque dei loro yacht vicino alla riva, quelli che fanno le inversioni ad “u”, quelli che non si fermano per far passare i pedoni sulle strisce, quelli che hanno i motorini scassatimpani, quelli che guidano dopo aver bevuto. Sarebbe stupendo se fossero i “cattivi” a fare stare meglio i “buoni”.

[csf ::: 10:19] [Commenti]
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Se si leggono i giornali italiani sembra che la nazione sia sconvolta dal dramma di Giorgio Napolitano, il presidente della Repubblica, alcune delle telefonate del quale, quelle con l’indagato Nicola Mancino, sono state intercettate. Hanno scritto sull’argomento giuristi, politici, opinionisti, direttori. Tutti. E tutti sostenendo che si tratta di un fatto grave che ha sconvolto l’opinione pubblica. Ora, qui, io non voglio affrontare l’argomento anche perché, entrato in più bar, non ho notato conversazioni accalorate su detto problema. Diciamo con libertà di linguaggio che in Italia, di tutto ciò, non importa un tubo a nessuno. Ma il presidente dice che è una questione di principio, che non si tratta di contenuti ma di legalità, diciamo di principio. Ed ha sollevato conflitto di attribuzione attaccando i magistrati di Palermo. Ma allora io di questo voglio parlare. Questa cosa era già successa dopo il terremoto dell’Aquila. Le telefonate di Napolitano con Guido Bertolaso in cui il presidente della Repubblica si diceva preoccupato delle sorti delle vittime erano state intercettate nell’ambito delle indagini sulla cricca della Protezione Civile. Ma allora Napolitano non protestò. E nessun direttore, opinionista, politico, giurista intinse la penna nello sdegno per aver visto le telefonate del presidente della Repubblica intercettate (in questo uniformandosi all’opinione pubblica che anche allora si disinteressava totalmente del problema). Domanda: perché allora il silenzio condiscendente ed oggi la cagnara sdegnata?

[csf ::: 09:57] [Commenti]
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