- 27 Aprile 2009
Talk show o interviste televisive? I talk show stanno cominciando a stufare. Hanno quel qualcosa di falso che gli deriva dall’essere pensati come spettacoli. Perfino quando scoppiano le risse, perfino quando i partecipanti si prendono a schiaffi si pensa subito che sia tutto organizzato. Le interviste no. Inoltre sanno di sfida all’ultimo sangue. E se poi l’intervistato arriva in studio prevenuto e reattivo il duello è assicurato. Renato Brunetta è arrivato da Daria Bignardi per l’Era glaciale tutto sulla difensiva, come un lupo impaurito. Glielo si leggeva negli occhi. Stava lì aspettando da un momento all’altro il trabocchetto. Misurava le parole della Bignardi cercando l’errore. E appena l’errore è arrivato si è scatenato. Che l’attacco di Brunetta fosse pensato e organizzato è apparso subito evidente quando il ministro ha stigmatizzato l’errore. Daria Bignardi aveva sbagliato il cognome di Brodolini. Brunetta le ha piantato un casino ricordandole che lei ha alle sue dipendenze 40 autori (25 più 15 ha precisato). Si era preparato, si era informato, aveva contato le forze sulle quali poteva contare la sua avversaria. Non è stato un bel vedere. Le parole si sono fatte sempre più violente. Con pignoleria e pedanteria Brunetta ha continuato a contestare di tutto alla sua intervistatrice. “Lei non ha letto il mio libro”, continuava a ripetere come una macchinetta. “Lei non ha letto il mio libro”. La Bignardi, stremata, lo ha guardato fisso negli occhi e gli ha detto: “Ma lo sa che lei è proprio antipatico?”
Alè. A nome di tutti gli intervistatori d’Italia dico grazie alla Bignardi. La nomino santa patrona delle domande. E’ ora di porre un freno all’arroganza delle risposte. D’ora in poi, quando qualche intervistato farà le bizze, criticherà le domande, protesterà durante le interviste (sapeste quanti ce ne sono!) gli dirò: “O la smette, antipatico, o chiamo Daria”.