- 22 Febbraio 2011
Insomma, le cose sono andate così: Lucio Presta, potente manager di Benigni, Belen, Bonolis, Clerici, uomo molto odiato e molto amato, alla fine del festival di Sanremo, si toglie un paio di sassoloni dalle scarpe e dice che nonostante il successo della manifestazione, non lavorerà più con la Rai finché nella Rai lavoreranno Mauro Masi e Antonio Verro. Dichiarazione non da poco visto che Masi è il direttore generale della Rai e Verro è consigliere di amministrazione. Ma si può vietare ad un signore di decidere con chi lavorare e con chi no?
E’ inutile cercare di sviscerare i motivi. Presta è convinto che i due abbiano remato contro di lui. Vero? Non vero? E’ credibile ma non è importante. Importante è che Presta lo pensa. E che, da quando si occupa del Festival, Sanremo ha avuto un’impennata dietro l’altra ed oggi è lo spettacolo leggero di maggior successo in Italia. Le sue parole scatenano reazioni. Tutti hanno diritto di dire quello che vogliono. Presta ha detto la sua e gli altri dicano la loro. La logica, il buonsenso, la serenità, dovrebbero guidare i comportamenti e le dichiarazioni dei manager come di tutta la nostra classe dirigente. Antonio Verro sembra dimenticarlo. Ricordiamolo: Presta ha detto che non lavorerà più con la Rai finché ci saranno Masi e Verro. E Verro risponde: “Presta ha tanti poteri tranne quello di licenziare Masi e me dalla Rai”. Buonsenso? Logica? Serenità?
- 15 Febbraio 2011
Caro ministro Maria Vittoria Brambilla, ho letto il suo intervento (“Corriere della Sera”) sulla manifestazione delle donne italiane che reclamavano la loro dignità. Capisco l’imbarazzo che può avere una donna a militare in un partito di cui è leader un uomo che è stato accusato da Daniela Santanché di vedere le donne solo in posizione orizzontale. Da una parte lei si sente donna (immagino la parte principale) e dall’altra ha un dovere di obbedienza ministeriale. Per questo ho apprezzato il suo piccolo saggio soprattutto nella parte iniziale dove dice che “dagli anni Settanta le donne italiane hanno fatto molta strada” ricordando le donne radicali e di sinistra che “scendevano in piazza …rivendicando un cambiamento culturale che potesse metterle in condizioni di indipendenza, faticosamente affermata nei decenni a seguire e per la quale tutte noi siamo debitrici”. Leggevo e mi dicevo: “Guarda il ministro, che coraggio, sta spiegando perché é d’accordo con la manifestazione”. E infatti lei, ministro, ricordava il divorzio, l’aborto, la procreazione assistita, lo stalking, tutte leggi faticosamente conquistate grazie alla mobilitazione di massa. E invece no. Ad un certo punto in lei, donna liberale, ha ripreso il sopravvento il ministro berlusconiano. “Non ha alcun senso scendere in piazza”, ha scritto, “per una manifestazione che non trova una sua giustificazione nella realtà ma solo nella politica del tutto strumentale della sinistra”. Mah
- 7 Febbraio 2011
Berlusconi? E allora De Benedetti? Bunga bunga? E allora Marrazzo? Santanché? E allora Travaglio? Un sistema vecchio e abbastanza stupido. Ad ogni ignominia se ne fa corrispondere una di uguale peso e disegno contrario per giustificare le campagne di denigrazione che partono da alcuni giornali di destra.
Ma è troppo facile sistemare le cose in questa maniera. In Italia non ci sono due schieramenti di quotidiani contrapposti pronti a combattersi senza risparmio di colpi. Esistono dei giornali, belli o brutti, obbiettivi o di parte, che fanno il loro mestiere, bene o male, ma che sono comunque giornali, che cercano di fare informazione. Giornali leggendo i quali, e facendo la tara, si ha una idea di quello che è successo il giorno prima. Poi ci sono dei giornali non-giornali. Foglietti propagandistici. Volantini politici. La destra ha avuto quotidiani rispettabili. Ma questa non è stampa di destra. E’ stampa aziendale. Queste non sono inchieste, sono campagne. Non sono titoli, sono violenti slogan. Non si cerca la verità, si cerca la vendetta.
Dice: è inevitabile in questo momento di forte bipolarismo. No. I giornali normali, anche i giornali schierati a sinistra, cercano quasi sempre, e quasi tutti, di fare giornalismo. I quotidiani-volantino non ci provano nemmeno. Non lo sentono come loro compito. Peccato. Sarebbe bello se ci fosse in Italia una bella stampa di destra. .
Berlusconi? E allora De Benedetti? Bunga bunga? E allora Marrazzo? Santanché? E allora Travaglio? Un sistema vecchio e abbastanza stupido. Ad ogni ignominia se ne fa corrispondere una di uguale peso e disegno contrario per giustificare le campagne di denigrazione che partono da alcuni giornali di destra.
Ma è troppo facile sistemare le cose in questa maniera. In Italia non ci sono due schieramenti di quotidiani contrapposti pronti a combattersi senza risparmio di colpi. Esistono dei giornali, belli o brutti, obbiettivi o di parte, che fanno il loro mestiere, bene o male, ma che sono comunque giornali, che cercano di fare informazione. Giornali leggendo i quali, e facendo la tara, si ha una idea di quello che è successo il giorno prima. Poi ci sono dei giornali non-giornali. Foglietti propagandistici. Volantini politici. La destra ha avuto quotidiani rispettabili. Ma questa non è stampa di destra. E’ stampa aziendale. Queste non sono inchieste, sono campagne. Non sono titoli, sono violenti slogan. Non si cerca la verità, si cerca la vendetta.
Dice: è inevitabile in questo momento di forte bipolarismo. No. I giornali normali, anche i giornali schierati a sinistra, cercano quasi sempre, e quasi tutti, di fare giornalismo. I quotidiani-volantino non ci provano nemmeno. Non lo sentono come loro compito. Peccato. Sarebbe bello se ci fosse in Italia una bella stampa di destra. .
- 1 Febbraio 2011
Qualcuno le chiama “le ragazze di Lele”, da Lele Mora, il loro agente. Altri le chiamano “le olgettine” dal palazzo di via Olgettina dove abitavano. Non tutte erano con Lele Mora e non tutte abitavano in via Olgettina. Ma un nome collettivo fa sempre comodo ai giornalisti. Accumunate dal soprannome, le varie ragazze, le Ruby, le Barbare, le Flo, le Miriam avevano in comune anche una caratteristica: il desiderio di fare soldi e carriere facili. Gioielli, comparsate, velinate, buste con biglietti da 500 euro: le intercettazioni raccontano un mondo senza valori. Una parola sopra tutte: la scorciatoia. Meglio partecipare alla corte del Sultano e tornare a casa con la paghetta dopo serate passate a giocare con lui.
Poi il giocattolo si è rotto e nelle intercettazioni cominciano a comparire altre parole e altri concetti: culo flaccido, vecchio, ingratitudine, ne voglio di più, a te quanto ha dato e cose del genere. E nelle interviste, le lamentele. Barbara dice che la sua vita è rovinata e che è rimasta indietro con gli esami perché non riesce a concentrarsi (forse era indietro da tempo, è difficile rimanere indietro in due mesi, ma dare la colpa a qualcuno è meglio). L’altra Barbara dice che tutti i suoi lavori sono saltati. Miriam racconta che nessuno la chiama più e che, anche se la chiamano, non se la sente di uscire. E’ questo il dramma di chi sceglie le scorciatoie: non sa più trovare la strada normale.
Qualcuno le chiama “le ragazze di Lele”, da Lele Mora, il loro agente. Altri le chiamano “le olgettine” dal palazzo di via Olgettina dove abitavano. Non tutte erano con Lele Mora e non tutte abitavano in via Olgettina. Ma un nome collettivo fa sempre comodo ai giornalisti. Accumunate dal soprannome, le varie ragazze, le Ruby, le Barbare, le Flo, le Miriam avevano in comune anche una caratteristica: il desiderio di fare soldi e carriere facili. Gioielli, comparsate, velinate, buste con biglietti da 500 euro: le intercettazioni raccontano un mondo senza valori. Una parola sopra tutte: la scorciatoia. Meglio partecipare alla corte del Sultano e tornare a casa con la paghetta dopo serate passate a giocare con lui.
Poi il giocattolo si è rotto e nelle intercettazioni cominciano a comparire altre parole e altri concetti: culo flaccido, vecchio, ingratitudine, ne voglio di più, a te quanto ha dato e cose del genere. E nelle interviste, le lamentele. Barbara dice che la sua vita è rovinata e che è rimasta indietro con gli esami perché non riesce a concentrarsi (forse era indietro da tempo, è difficile rimanere indietro in due mesi, ma dare la colpa a qualcuno è meglio). L’altra Barbara dice che tutti i suoi lavori sono saltati. Miriam racconta che nessuno la chiama più e che, anche se la chiamano, non se la sente di uscire. E’ questo il dramma di chi sceglie le scorciatoie: non sa più trovare la strada normale.