- 5 Novembre 2014
Valentina Diouf è una delle splendide ragazze che hanno fatto sognare gli italiani ai mondiali di Volley. Brava, bella e simpatica. La scorsa settimana ho letto una intervista e mi ha colpito una frase. Valentina magnificava la singolarità del volley “uno sport pulito, senza doping né scommesse”. Mi ha colpito perché la Diouf metteva sullo stesso piano la droga e le scommesse. Come se entrambe corrompessero lo sport e falsassero i risultati degli incontri. Non affronto il problema della droga. Non c’è bisogno di ribadire tutto il male che le droghe fanno allo sport. Ma le scommesse? Non si parla di scommesse clandestine. Si parla di scommesse legali, alla luce del sole. Talmente alla luce del sole che molte agenzie di scommesse sponsorizzano le squadre di calcio. E che recentemente si è celebrato il matrimonio fra scommesse e quotidiani con l’avventura GazzaBet, l’unione fra Gazzetta dello Sport e un’agenzia di scommesse sportive. Però è vero che lo sport, il calcio soprattutto, è intriso di corruzione e che la corruzione è indotta dal mondo degli scommettitori, legali o clandestini che siano. Si scommette anche sugli sport individuali, tipo il tennis o la boxe. E in questo caso la truffa è un gioco da bambini. Come può resistere il favorito a non scommettere sull’avversario? Ai calciatori è vietato scommettere. Incredibile ipocrisia. Non possono scommettere ma vanno in campo pubblicizzando le scommesse. Ricordate i tempi antichi in cui sul risultato del derby ci si giocava una pizza?
Bravo!
come (quasi) sempre!
Ma è lo sport aziendalizzato che dovrebbe non essere chiamato sport ed essere considerato solo spettacolo!
Uno sportivo non quadagna milioni di euro ‘anno
Un artista può farlo. Sono professionisti dello spettacolo che con lo sport non hanno nulla a che fare…
E’ ora di smettere di confondere la realtà….
Appossioniamoci di sport vero non di prestazioni spettacolari
So che ilconfine è soprattutto etico ed è difficile da definire ma dobbiamo cercarlo
ciao a tutti
Scommesse e droga per me fanno parte di una stessa brutta famiglia.