- 29 Luglio 2015
Sembra proprio che la Chiesa debba pagare le tasse. Vi meraviglia? Bè, fino a ieri i sacerdoti non erano considerati cittadini italiani e mentre io, voi, tutti, dovevamo, e dobbiamo, pagare la tassa sugli immobili e quella sui servizi, i preti no. Potevano avere scuole, ospedali, case di riposo, ristoranti, alberghi, e non pagavano in quanto approfittavano dell’esenzione riservata ai luoghi di culto. La cosa non è semplice. Se fai qualche ricerca scopri tutto e il contrario di tutto. Scopri che forse basta avere una cappella in un albergo a cinque stelle… e poi scopri che non è per niente vero. E poi scopri che è meglio ricordare che il Vaticano una volta era l’Italia centrale e che, se gli è stato tolto tutto, o quasi, qualche privilegio è forse giusto che gli sia rimasto appiccicato. Ecco, la parola è “privilegio”. Dimentichiamo le polemiche. Concentriamoci solo sul combinato disposto fra privilegio e religione: sono due parole che vanno d’accordo? Gesù Cristo sulla croce voleva uno sconto sui chiodi? I cristiani chiedevano il privilegio di non essere massacrati? San Francesco evase le tasse? Sant’Antonio fece ricorso? E’ giusto che chi ha dedicato la sua vita alla missione di convertire la gente, non paghi quello che pagano tutti gli italiani, cioè le tasse, e invochi il privilegio? Le tasse sono alla base del patto sociale, cioè ci si divide i costi, secondo equità, dei servizi di cui si gode. Il privilegio è un concetto che si sposa con l’apostolato? Sta bene sulla bocca di un vescovo della Cei?
- 21 Luglio 2015
Mi sono sempre chiesto, le poche volte che assisto ad una Messa (matrimoni, funerali, cresime…) ma me lo chiedevo anche quando, giovanissimo, frequentavo l’Azione Cattolica, che cosa pensino i fedeli durante la funzione. Pregano? Meditano? Elaborano complessi ragionamenti su come risolvere il drammatico problema della gente in difficoltà? No, pur non essendo un grande conoscitore dell’animo umano, io ho sempre pensato che la gente in chiesa pensi agli affari suoi. Devo pagare la rata del mutuo, quella scema del piano di sopra cammina sempre con gli zoccoloni, mia figlia va in giro vestita come una prostituta, devo trovare un sistema per non pagare l’iva, il prete parla parla ma lo sanno tutti che ha una storia con quella biondona… Non sono certissimo di aver ragione. Probabilmente esagero. In tal caso finirò all’inferno, se l’inferno esiste. Ma una cosa vorrei in ogni caso che me la diceste voi. Che cosa pensano gli abitanti di Quinto di Treviso, cattolicissima provincia del cattolicissimo Veneto, quando sono in ginocchio davanti all’altare o quando fanno la comunione? Loro che hanno respinto in malo modo i migranti per difendere la loro serena tranquillità, pensavano probabulmente: “Bisogna assolutamente cacciare tutti questi negri, che se ne tornino a casa loro”. Una delle poche cose che ricordo del periodo dell’Azione Cattolica è che il prete ci diceva sempre: “Ricordate che qualsiasi povero che chiede aiuto potrebbe essere Gesù”. Possibile che gli abitanti di Quinto di Treviso se ne freghino di Gesù?
- 15 Luglio 2015
Scrivo per fatto personale. Ma in fondo si scrive sempre per fatto personale. Si scrive sempre su cose che ci colpiscono in maniera particolare. Insomma: perché i giornali sono stampati con quei caratteri talmente piccoli che molta gente ha grande difficoltà a leggere? Ma non basta: perché molti medici continuano a scrivere con quella calligrafia in confronto alla quale il sanscrito è un elegante stampatello? Leggo che a causa di ricette e di comunicazioni illeggibili muoiono nel mondo un sacco di persone. Ma non voglio buttarla sulla legge. Mi basta analizzare il fenomeno dal punto di vista dell’educazione. Perché i direttori dei giornali, tutte le volte che fanno costosissimi restyling dei loro quotidiani, non dicono ai loro grafici: “Mi raccomando: fate in modo che possano leggerli anche i nostri lettori anziani. E perché i medici non pensano che alla loro azione di scrivere farà seguito l’azione del cliente di leggere? Ve lo dico io: perché se ne fregano. Perché la nostra è la società dell’egoismo. E anche della pigrizia. Ognuno di noi dovrebbe dire al medico: “Scusi, visto che è pagato per farlo, e visto che i suoi genitori l’hanno mandata a scuola, le dispiacerebbe scrivere in maniera comprensibile? ” Ognuno di noi dovrebbe anche scrivere al direttore del giornale e minacciarlo: “Se lei continua a disinteressarsi dei miei problemi, io smetterò di comprare il suo giornale”. Potrebbe funzionare? Credo proprio di no. La maleducazione è praticamente inestirpabile.
Si fa un gran parlare di tasse e di evasori. Sembrerebbe che tutti gli italiani siano degli evasori perché ogni categoria dice che gli evasori sono gli altri. I commercianti dicono che sono stufi di essere additati come coloro che non pagano le tasse perché invece quelli che evadono sono i dentisti. E i gioiellieri dicono che sarebbe ora che cominciassero a pagare le tasse i commercialisti, sì proprio loro, i commercialisti che sanno come si fa ad evadere. E quelli che evadono milioni dicono che è evasione anche quella dell’idraulico che si fa pagare in nero, quella dell’oste che non fa una fattura nemmeno sotto tortura, quella del barista che regala una brioche al barbone e non gli fa lo scontrino. Ma io ormai mi sono convinto che non esiste una sola evasione, è un po’ come i treni che una volta erano prima seconda e terza e adesso, in nome dell’eguaglianza, sono premium, standard, business, salottino, smart, extra large, prima, club, executive, area silenzio, cinema. L’evasione è per lo meno serie a e serie b. Se non ho i soldi per dare da mangiare ai miei figli, se per pagare le tasse debbo licenziare della povera gente, se ho bisogno di denaro per mandare mio figlio all’università, sono un evasore light. Ma se sono un evasore totale, se nascondo introiti per comprami il veliero, se non contribuisco alla gestione dello Stato perché sono bulimico di case e palazzi, perché voglio servitù e Suv, abiti di Armani e casinò, allora sono un evasore strong, anzi qualcosa di più di strong. Nell’evasione non siamo tutti uguali.