- 28 Gennaio 2014
Una gentile signora vegana mi tratta malissimo perché ho paragonato una foglia di insalata ad una mucca. La sua lettera la potete leggere nella rubrica appunto delle lettere. Effettivamente devo confessare che non mi sfugge la differenza fra una frisona ed una piantina di rughetta. Ma io, nella mia rubrica, cerco di mettere il luce le contraddizioni che attraversano il pensiero degli animalisti, di noi animalisti, pronti a difendere gli elefanti e ad ammazzare le zanzare. Tema che mi interessa moltissimo. La signora che mi maltratta sembra convintissima (ah, quanto invidio le sicurezze!) che il mondo animale soffre e il mondo vegetale no. Lei poi, è vegana. Cioè, in nome del principio che non bisogna sfruttare gli animali consumandone i prodotti, non beve latte, non mangia formaggio, non calza scarpe di cuoio, non dorme sotto piumoni. Sarei quasi portato a darle ragione. Non bisogna usare i prodotti degli animali per i nostri comodi. Mi chiedo però: se l’insalata invece possiamo mangiarla, che cosa mi dice la signora cattivissima e vegana del letame che usiamo per far crescere rigogliosi i rapanelli, le carote e i cavolfiori? Il letame non è forse prodotto dalla vacca, dal cavallo e dalla pecora? Ecco signora vegana, questo è quello che io intendo per contraddizioni difficili da sanare e di dubbi impossibili da chiarire. La vita è complessa e chi pensa di aver capito tutto non ha capito niente. Me lo lasci dire, per sapere se il cavoletto di Bruxelles soffre bisognerebbe chiederlo a lui.
- 22 Gennaio 2014
C’è una forma di intolleranza che non solo è insopportabile, come tutte le intolleranze, ma è anche incomprensibile. Quella contro i gay. Altre intolleranze hanno spiegazioni, radici storiche, ragioni. Ragioni folli, ma ragioni. Ma come ci si può spiegare che ancora oggi ci siano delle persone che combattono i gay? Una cosa è certa: chi odia i gay, e li combatte, è un deficiente. Quando parli con un omofobo ti tocca ascoltare frasi sconnesse. A cominciare dalla prima, quella che dicono tutti: “Io non ho nulla contro i gay, anzi mi sono simpatici, ho molti amici gay, ma…” E dopo quel “ma” una serie di corbellerie una peggio dell’altra. Che non debbono baciarsi in pubblico (gli eterosessuali sì?), non debbono sposarsi perché lo dice la Costituzione (falso, la Costituzione parla di matrimonio senza mai dire “fra eterosessuali” né le parole “uomo” o “donna”), non debbono adottare figli “perché la figura paterna, la figura materna…” (allora togliamo i figli ai separati e ai vedovi?), che non debbono fare i maestri (metà Grecia antica sarebbe rimasta ignorante). L’omofobia io non solo la disprezzo ma proprio non la capisco. Invidia? Paura dei diversi? Non lo so. Non mi resta che chiudere il discorso con una frase quasi razzista. Siamo circondati da una quantità incredibile di imbecilli. Pensate solo i comunisti, quelli ufficiali, i sovietici, i cinesi. Volevano cambiare il mondo. Ne volevano costruire uno più giusto, senza discriminazioni. Tranne che per i gay. Quelli li uccidevano.
- 15 Gennaio 2014
La privacy. Metterei mano alla pistola tutte le volte che qualcuno invoca la privacy. Ci sono parole che spesso vengono usate come strumenti per ribadire la differenza di classe. Come “cultura”, come “stile”, come “buon gusto”, come “classe” appunto. Privacy è una di queste. La privacy non è roba da poveri. Se andate a Scampia della privacy non gliene può fregare di meno. Nei centro di accoglienza di Lampedusa, vi assicuro, si parla poco di privacy. Anche quei poveretti che in pubblico venivano innaffiati nudi con il disinfettante contro la scabbia non parlavano di violazione della privacy. Di violazione della privacy parlano i ricchi, i potenti. O meglio, i nuovi ricchi, i nuovi potenti. Prima di raggiungere la ricchezza ed il potere fanno di tutto per svelare particolari della propria vita. “Se sarò eletto io”, dichiarava François Hollande al Corriere della Sera, “io e Valérie sceglieremo la trasparenza nella vita personale”. Poi è stato eletto e, alla prima occasione, si è appellato alla privacy. Perché il fotografo che ha documentato i suoi incontri con l’amante meriterebbe addirittura una bella querela. Querela che Hollande non ha fatto, lasciando l’incombenza all’amante. Per i politici bisognerebbe stabilire una regola. Far loro firmare, prima dell’inizio della carriera, una rinuncia alla privacy. Perché la politica non deve essere, come oggi è, una serie di diritti e di privilegi. La politica è una serie di doveri e di responsabilità. Se non ti sta bene, tranquillo, puoi sempre trovarti un lavoro.
- 8 Gennaio 2014
La contraddizione è una bella scocciatura. Non la voglio buttare in filosofia. Anche perché i filosofi sulla contraddizione si sono scannati per secoli. Ricordate il principio di non contraddizione? Se una cosa è “A” non può essere anche “non A”. Facile, troppo facile. Contraddire il principio di non contraddizione è stato per secoli l’attività preferita degli studiosi. Resta il fatto che la contraddizione è , nella vita di tutti i giorni, inevitabile. L’ho presa alla larga per dire che la coerenza è una bella cosa. Ma è impossibile. La coerenza può essere una meta, una speranza, un impegno, un desiderio. Ricordate che ho già dedicato qualche riga alla impossibile coerenza di amare tutti gli animali? Salviamo la tigre del Bengala ma uccidiamo le vipere. Commuoviamoci per i Panda in estinzione ma cerchiamo di estinguere tutte le zanzare. Ma si può andare oltre percorrendo gli scivolosi sentieri della contraddizione e della coerenza. Si può dire: “Abbasso la caccia” mentre si mangia un pollo arrosto? E, in fondo, se proprio vogliamo sottilizzare, perché i vegetariani mangiano l’insalata che è pur essa un organismo vivente? Mi sono venuti in mente questi sciocchi pensieri vedendo la faccia gioiosa di papa Francesco con sulle spalle un agnellino con uno splendido musetto. Era il giorno dell’epifania. Tutti contenti nel festeggiare l’agnellino, grande simbolo religioso. Ne riparliamo a Pasqua, festa religiosa, e quando ce lo mangeremo. Basterà chiamarlo abbacchio. E’ una bella contraddizione e la coerenza va a quel paese.
- 6 Gennaio 2014
Un noto magistrato che è stato per molto tempo alla ribalta, mi disse una volta che le leggi italiane sono architettate in maniera tale da rendere incomprensibile il comportamento di coloro che si comportano bene. Le leggi e l’applicazione delle leggi sono a vantaggio di chi si comporta male. Depenalizzazioni, indulti, condoni, amnistie non servono a svuotare le carceri, che sono sempre pienissime. Servono solo a perdonare ladri ed evasori e convincerli che non rubare e pagare le tasse è un comportamento sciocco. Se io sono un evasore totale che cosa mi può succedere al massimo? Nel peggiore dei casi dopo una vita in cui ho accatastato miliardi, vengo beccato e concordo una transazione. Come è successo a tanti vip: alla fine pago un dieci, venti per cento del maltolto e sui giornali appaio anche con un eroe. Equitalia è inflessibile, mette le ganasce ai beni dei poveri, perseguita anziani colpevoli solo di non sapersi districare nei meandri della pubblica amministrazione. Il governo Renzi voleva depenalizzare la frode fiscale al di sotto del 3 per cento. Cioè: se io ho un imponibile di 100 milioni e ne evado meno di tre, non sono punibile. E perché mai? Perché in Italia (e nel mondo) le leggi le fanno i rappresentanti della classe egemone. Per i poveri, che non possono evadere perché dipendenti o disoccupati, resta una grande soddisfazione, quella di pagare le tasse anche per i ricchi. E scusate la banalizzazione. Si dice che non esistono più la destra e la sinistra. Ma qualcuno neghi che esistono ancora i ricchi e i poveri.
- 2 Gennaio 2014
Come capita spesso, la migliore vignetta di questi giorni è quella di Vauro per il Corriere della Sera. Un bambino nudo, appena nato, con la fascia del 2014, mette le mani avanti e dice: “Ehi, non guardate me, io non c’entro niente, sono appena arrivato!” Il 2014 non c’entra nulla, ha ragione Vauro, ma il suo collega 2013 ne ha combinate di tutti i colori. Ad “Un Giorno da Pecora”, che in questi giorni è diventato un libro (perdonatemi l’autocitazione) abbiamo riassunto così: “Nel 2013 la ragione si è presa un anno sabbatico”. Ed è accaduto di tutto. La ragione, in anno sabbatico, ci ha lasciati soli con l’irrazionale. I pochi ricchi sono diventati sempre più pochi (ma molto più ricchi) mentre i molti ricchi sono diventati sempre più molti (ma molto più poveri). Scusate l’italiano scorretto ma ne avevo bisogno per rendere meglio l’idea. Non bastasse, la classe dirigente, di fronte all’evidente mancanza di consenso, si è fatta ancora più disattenta e menefreghista. Tutti d’accordo. Bisogna cambiare il porcellum. Fatto? No. Bisogna diminuire i parlamentari. Tutti d’accordo. Fatto? No. Bisogna abolire le provincie. Fatto? No. La ragione era in anno sabbatico. E’ successo perfino che un comico ha mandato a quel paese tutti quanti ed è diventato il primo partito in Italia. E’ successo perfino che Berlusconi si è avviato al tramonto per essere sostituito da un altro come lui. E’ successo perfino che in Vaticano, uno accanto all’altro, convivono due papi. Ma vi rendete conto? Nel 2014 finito l’anno sabbatico, la ragione tornerà fra noi?