- 16 Ottobre 2012
Un giorno potrò dire: “Io c’ero”. C’ero negli ultimi giorni dell’impero. C’ero quando la politica agonizzava per colpa di politici incapaci, insensibili, inesorabili nel continuare con i loro comportamenti insensati. Alle elezioni vanno sempre in meno a votare. Ma i tesorieri dei partiti si fanno beccare sempre più spesso con le mani del sacco. La fiducia nei politici raggiunge i minimi storici, ma ce ne fosse uno disponibile a fare mea culpa. Le facce, sempre le stesse, le parole, sempre le stesse. Si chiedono sacrifici agli italiani, anche ai più poveri, e nessun parlamentare si dichiara disposto a farne mezzo. Gente con cinque o sei legislature sulle spalle non ne vuole sapere di lasciare ai giovani il compito di amministrare il nostro Paese. Un Paese disastrato, con una credibilità internazionale tendente allo zero, istituzioni allo sfacelo, corruzione galoppante, spirito civico scomparso, politici catatonici tutti presi a fare inutili e sterili discussioni sulla democrazia interna dei loro partiti, incapaci di fare una minima accettabile riforma elettorale. Io c’ero, quando un comico saltò fuori a dire cose banali, come per esempio che non possiamo farci governare da pregiudicati, che non si può continuare a finanziare i politici con fondi che vengono usati per sgranocchiare aragoste e portare in vacanza le fidanzate. Io c’ero quando tutti i politici e i partiti, finalmente compatti, cominciarono a dire che il comico era un qualunquista e che bisognava combattere l’antipolitica. Insomma, è Grillo che deve togliersi dalle scatole, non loro.
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Tutte considerazioni scontate, imparate sui libri di scuola, ma sembrano epitaffi!