- 9 Agosto 2009
Con la consueta leggerezza di pensiero e di eloquio che ha sempre contraddistinto i leghisti, Umberto Bossi, l’uomo di cui tutti dicono sempre che può essere simpatico o antipatico, puoi condividerne o meno le opinioni, ma è un grande politico, ha pronunciato la seguente frase, indizio di grande senso politico e di quello spirito di umanità che dovrebbe essere alla base di ogni pensiero politico: “Noi all’estero andavamo a lavorare, non ad uccidere”. Se tanto mi dà tanto dobbiamo derivarne che gli extracomunitari che vengono in Italia da irregolari vengono al solo scopo di commettere omicidi. Ma se Bossi, il grande politico, usasse un po’ del suo tempo anche per leggere oltre che per parlare, potrebbe riuscire a scoprire la verità, cioè esattamente il contrario. Scoprirebbe che l’emigrazione italiana era uguale a quella degli extracomunitari che arrivano in Italia. Basterebbe leggere non dico i libri, ma anche solo qualche riga di Gian Antonio Stella, per rendersi conto che gli italiani erano molto spesso clandestini, spesso illegali, e anche qualche volta delinquenti, come capita chi ha nella povertà la sua condizione di vita. E saprebbe anche che molti di quei delinquenti forzati erano i nonni di quegli splendidi esemplari di “padani” in nome dei quali Bossi oggi parla. A sproposito.