- 9 Aprile 2014
Di quote rosa si parla da decenni, se ne parla sempre, se ne parla dovunque, ne parlano tutti. Se si mettessero in fila tutte le pagine che parlano di quote rosa si otterrebbe una scia di carta da Roma a Pekino e ritorno. Una noia mortale. Non perché l’argomento non sia importante. Ma è perché si dicono sempre le stesse cose. O meglio si dicono due cose. I favorevoli dicono che le donne, elemento debole della società, hanno diritto ad un aiutino. I contrari dicono che comanda la meritocrazia. Se un uomo è meglio non c’è motivo per preferirgli una donna. Ecco, gli argomenti sono questi. E vengono tritati e ritritati. Le quote rosa sarebbero un’ingiustizia intollerabile per gli uni. Ma necessaria per gli altri. Perché debbo essere costretto a votare una donna se ritengo un uomo migliore? Quello che nessuno dice è che le quote in democrazia esistono, ed esistono da sempre. In Europa per esempio perché un italiano deve scegliere tra le liste italiane e non può votare uno svedese che ritiene migliore? Ma anche in Italia, in fondo. Perché i romani non posso votare uno che si candida a Sondrio se lo ritengono migliore di quelli che si presentano a Roma? Chiamiamole quote geografiche e servono per garantire una equilibrata rappresentanza fra regioni differenti. Per fare in modo che i candidati, per esempio, del nord non strabordino rispetto a quelli del sud. E allora perché non bisogna fare in modo che gli uomini non strabordino rispetto alle donne? Così, tanto per ragionare.
Caro CSF, non approvo quote di alcun genere in quanto sono lesive del libero confronto. Le quote rosa sono riserva delle parenti degli uomini politici affermati. Così avverrebbe per qualsiasi altro tipo di quote!
ma le quote non erano a parità di merito? a parità di merito se il numero di donne è inferiore si preferisce una donna. non si rischia di trovarsi con gente che vale meno, cosa che in politica, e non solo, è terrorizzante.
e poi la cosa dovrebbe valere per tutte le categorie svantaggiate, con lo scopo di abituarci a vivere in una società paritaria fino al punto da provvedere personalmente, superando i pregiudizi e le furberie, senza bisogno di interventi artificiosi. il fatto che certe donne si accaparrino gli interventi a favore della parità dei diritti non è corretto
Non concordo con l’esempio geografico. La quota geografica vale per i collegi di rappresentanza e neppire tanto, visto i frequenti “paracadutati”. Poi in effetti se i più validi fossero del nord o del sud, dell’est o dell’ovest non mi importerebbe. Infatti per es. i ministri o i giudici della Corte Costituzionale non sarebbero soggetti a quote di genere o geografiche, salvo quelle imposte dai partiti o dal boyscout Matteo.
Alle ultime comunali era ammessa la doppia preferenza solo se di generi diversi, fra l’altro poco nota ai non accoliti, generando molti annullamenti, con il risultato che sono state elette molte donne perchè abbinate a candidati maschi diversi, senza meriti particolari ma grazie agli ordini di scuderia di enfatizzare il rosa.