- 28 Gennaio 2015
Oggi parlo di tifo. Il tifo per il calcio. Perché si fa il tifo per una squadra e non per un’altra? Perché quando si fa il tifo si perde il bene della ragione? Spesso si fa il tifo per la squadra della propria città. Ma allora perché si fa il tifo anche quando la squadra della propria città ha solo giocatori stranieri? E come mai in Sicilia ci sono così tanti tifosi della Juventus e dell’Inter? Spesso il figlio fa il tifo per la squadra per la quale fa il tifo il suo papà. E il papà fa di tutto perché ciò accada. Un famoso attore tifoso romanista racconta che per convincere suo figlio piccolo a diventare tifoso romanista, un giorno, gli nascose tutti i giocattoli e gli disse: “li hanno portati via i laziali”. Il giorno dopo gli fece ritrovare i giocattoli e gli disse: “sono venuti i romanisti e te li hanno riportati”. Un bambino segnato per la vita. Il tifo è irrazionale. E fin qui niente di drammatico. Quello che è drammatico è il comportamento esagerato. I tifosi sono esagerati . Non ammettono ironia, scherzi, critiche. Una volta ho tentato di far indossare una maglietta laziale ad un romanista. E’ successo il finimondo. Il tifoso romanista è letteralmente scappato, neanche avesse visto il diavolo. Conosco persone serie, timorate di Dio, posate, prudenti, rispettosi della legge, che di fronte ad una partita non sanno comportarsi da persone civili. Vedono rigori dovunque, l’arbitro è sempre venduto, non hanno mai il minimo dubbio, solo certezze. Il tifo è veramente una malattia grave.
- 22 Gennaio 2015
Hanno beccato il prode Lapo ancora una volta. Stavolta Lapo Elkann, erede in condominio dell’impero della Fiat, si è esibito in un impetuoso parcheggio della sua Fiat Cinquecento “blu gessata” in un divieto di fermata e di sosta davanti all’elegante negozio milanese di Gucci. Sicuramente Lapo aveva una spesa urgente e improcrastinabile da fare e non poteva certo perdere tempo a cercare un posto consentito. E poi queste sono cose da poveri. I poveri passano ore a cercare un posto oppure prendono l’autobus. I ricchi no. I ricchi saltano i preliminari. Parcheggiano e chissenefrega. Voi non avete idea di quanto costi un’ora del tempo di un Lapo. Vabbé. Io e molti milioni di italiani siamo stufi di Lapo e delle sue pirlate. Non ne possiamo più di questo schiocchino superficiale che crede di poter fare tutto quello che gli passa in mente solo perché ha avuto la fortuna di nascere nella culla giusta. Lapo ci regala un’impresa al mese, ognuna caratterizzata da narcisismo, egocentrismo, arroganza, supponenza. Lapo è la versione miliardaria e – diciamo così – elegante di Fabrizio Corona. Di entrambi non mi scandalizzano più di tanto le incursioni nella cronaca nera. Quello che mi infastidisce è la loro frequente e continua incursione nella cronaca di costume. Questa loro passione per la trasgressione soft. Questo loro sentirsi al di sopra delle leggi . In una parola la loro maleducazione. Loro la considerano molto figa, per dirla come i milanesi. O paracula, come dicono i romani.
- 14 Gennaio 2015
Il massacro di Parigi dal punto di vista mediatico è stato una manna. I giornali hanno riempito le loro pagine per giorni perché gli argomenti sollevati erano tantissimi. Il terrorismo, la religione, la guerra, l’islam, il medioriente, il giornalismo, i limiti della satira, la libertà di opinione, la violenza. E’ c’è stata tanta confusione. Dopo tanti giorni vorrei provare ad isolarne uno solo, con calma. La libertà di satira. In Italia c’è stata quasi unanimità. La satira deve essere libera. E non deve avere limiti. Sono stati tutti d’accordo. Giornali che mai avrebbero pubblicato vignette contro la religione, reti televisive che hanno fatto della censura il loro cavallo di battaglia, direttori che hanno respinto al mittente quintalate di disegni satirici, editori che hanno licenziato per molto meno fior di autori di satira, politici che li hanno inondati di querele, si sono scoperti paladini della satira e della sua libertà senza limiti. Sarà bello vedere come si comporteranno alla prima occasione in cui dovranno decidere se la libertà va assicurata alla satira solo quando colpisce gli avversari oppure anche quando è rivolta a loro. Perché non è vero quello che diceva Martin Luther King che la mia libertà finisce dove comincia la tua. In realtà la mia libertà finisce quando comincio a parlare male di te. E’ una vecchia barzelletta. L’americano dice al sovietico: da noi c’è la libertà. Io posso parlar male di Obama e nessuno mi dice niente. Il russo: anche da noi c’è libertà. Se io parlo male di Obama nessuno mi dice niente.
- 10 Gennaio 2015
L’eterna telenovela dei due Marò è di nuovo al capolinea. L’Italia vuole che siano restituiti all’affetto delle loro famiglie e gli indiani vogliono processarli per omicidio. Quando i piloti americani causarono la strage del Cermis (19 sciatori uccisi nella funivia precipitata a causa di un aereo militare Usa che aveva tranciato le funi) si sosteneva – a ragione, secondo me – che l’Italia aveva diritto a processarli. Oggi invece gli italiani si arrabbiano addirittura perché l’India non concede una “licenza” natalizia al marò bloccato in India. Leggiamo che Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione Sicilia condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, ha chiesto al magistrato Valeria Tomassini di poter visitare l’anziana madre ottantenne. Il tribunale ha negato il permesso perché la mamma di Cuffaro ha l’Alzheimer e non potrebbe riconoscere il figlio. Commentare una motivazione del genere è solo tempo perso. Ma è interessante un’altra parte della motivazione, quella in cui il tribunale sostiene che Totò Cuffaro ha già visto sua madre in occasione del funerale del padre. Il tribunale dimentica che in quell’occasione la giustizia italiana fece una pessima figura. Cuffaro non fece in tempo ad arrivare al funerale del padre perché l’autorizzazione arrivò, sì, ma in ritardo. Direte: che fai difendi i mafiosi? Sì. Insieme a molti illustri intellettuali ben piu autorevoli di me, sono convinto che la civiltà di una nazione si misuri sulle condizioni in cui fa vivere i suoi carcerati.