- 29 Aprile 2014
Il reato era stato particolarmente disgustoso. Aveva massacrato a colpi di machete la proprietaria della barca che aveva affittato e voleva scappare con la sua fidanzata minorenne in Polinesia. Lo avevano catturato ed inevitabilmente si era beccato l’ergastolo. Io mi considero uno piuttosto garantista. Non mi piace il carcere come soluzione dei problemi e ritengo che le carceri italiane siano una punizione nella punizione. Credo anche che esistano forme alternative per scontare la pena. Non mi piacciono le amnistie e gli indulti come soluzione all’affollamento carcerario (anche perché generalmente sono soluzione di altri problemi) ma mi piacciono più le assoluzioni che le condanne. Ritengo che sia meglio un colpevole fuori che un innocente dentro. Ecco, tanto per chiarirci. Ma quando uno ammazza per farsi un viaggetto in Polinesia non avrei dubbi. Galera. Poi però capisco che il carcere possa (raramente) redimere. Quindi sono giusti i permessi premi in presenza di comportamenti virtuosi. Fu proprio per la buona condotta che l’ergastolano aveva ottenuto un permesso premio nel 2007, dopo 19 anni di prigione. Solo che era scappato. Si chiama evasione. Ed era stato riacciuffato. Voi direte: adesso basta. Mai più permessi premio. L’evasione è un diritto secondo molti codici penali. Ma non è un esempio di buona condotta. L’ergastolano evidentemente ci sa fare. Ottiene di nuovo, sette anni dopo l’evasione, un permesso di tre giorni da trascorrere all’Elba. E scompare. E non si dica che la giustizia italiana non è buona.
- 22 Aprile 2014
Quando la vita è romanzo. Qualche settimana si presentano alle porte del Vaticano due signori distinti, tale Zvonko Bardik, di 68 anni, olandese di origini malesi, e Owen Thomas Lennon, americano di 54 anni. Erano le 9,30 di martedi 11 marzo. Dicono che hanno un appuntamento con lo Ior. Allo Ior dicono che non hanno nessun appuntamento con i due signori. I due insistono ed a questo punto i gendarmi si insospettiscono, chiamano i poliziotti italiani i quali perquisiscono i due e saltano fuori da una valigetta titoli in dollari di Hong Kong, dollari americani ed euro per una cifra da fantafinanza: 2.800 miliardi di euro. Avete letto bene: 2.800 miliardi di euro. I due, il gatto e la volpe, volevano depositarli allo Ior. E qui poco importa che i due fossero stati subito identificati come due truffatori al livello di Totò che voleva vendere la Fontana di Trevi a De Filippo, conta poco che i titoli fossero delle banali fotocopie e delle traduzioni ridicole fatte alla Google translator. Quello che importa è che sperassero che lo Ior accettasse il deposito di 2.800 miliardi di euro, una cifra alla Paperon de Paperoni. Avete presente i fantastilioni? Eppure…eppure…ormai ci siamo quasi abituati. L’altro giorno ho letto che Armani ha concordato un contenzioso fiscale ed ha pagato 270 milioni di euro. Ma gli era stato contestato 1,4 miliardi. Avete presente quanti sono 1400 milioni di euro? Sono quello che un operaio guadagnerebbe in 500 anni. O 5000 anni? Non ci capisco nulla Queste cifre mi fanno perdere la testa.
- 14 Aprile 2014
Io non ne posso più, sinceramente. Mi è diventata insopportabile l’idea che se accendi la televisione, a qualsiasi ora, ti becchi cuochi vecchi alle prese con lo zenzero, cuochi bambini che maneggiano la citronella, cuochi professori che sgridano aspiranti cuochi perché non sanno usare il cumino. Padelle che rosolano, forni che arrostiscono. Patate, pesci, pancette, paste. Spingi un bottone del telecomando e ti entra in casa un puzzo di fritto insopportabile. Io spero solo che brucino la frittata e scuociano gli spaghetti. Tutti a dire che la cusina è cultura. In tv è sempre un copia copia. Dopo Costanzo solo talk show. Dopo il Grande Fratello solo reality. Le nostre televisioni soffrono di mancanza di fantasia. Importano programmi dall’estero, già confezionati, e poi li duplicano, li centuplicano. Esistono pochissime trasmissioni originali. Ma più sono intelligenti, meno vengono copiate. In compenso, su tutte, trionfano le trasmissioni calcistiche. La domenica è uno tsunami di banalità. La squadra è scesa in campo tonica e il mister l’ha ben disposta sul rettangolo di gioco ma non ha retto dal punto di vista psicologico. Su un fuorigioco sono capaci di parlare mezzora. Tutti serissimi. Se togli l’audio ti sembra di assistere ad un dibattito sulla scuola di Francoforte. Durante la settimana, poi, scemano i commenti sulle partite finite e crescono quelli sulle partite a divenire. Un giorno accenderemo il televisore e vedremo Mourinho che ci spiega come si fa un uovo al tegamino.
- 9 Aprile 2014
Di quote rosa si parla da decenni, se ne parla sempre, se ne parla dovunque, ne parlano tutti. Se si mettessero in fila tutte le pagine che parlano di quote rosa si otterrebbe una scia di carta da Roma a Pekino e ritorno. Una noia mortale. Non perché l’argomento non sia importante. Ma è perché si dicono sempre le stesse cose. O meglio si dicono due cose. I favorevoli dicono che le donne, elemento debole della società, hanno diritto ad un aiutino. I contrari dicono che comanda la meritocrazia. Se un uomo è meglio non c’è motivo per preferirgli una donna. Ecco, gli argomenti sono questi. E vengono tritati e ritritati. Le quote rosa sarebbero un’ingiustizia intollerabile per gli uni. Ma necessaria per gli altri. Perché debbo essere costretto a votare una donna se ritengo un uomo migliore? Quello che nessuno dice è che le quote in democrazia esistono, ed esistono da sempre. In Europa per esempio perché un italiano deve scegliere tra le liste italiane e non può votare uno svedese che ritiene migliore? Ma anche in Italia, in fondo. Perché i romani non posso votare uno che si candida a Sondrio se lo ritengono migliore di quelli che si presentano a Roma? Chiamiamole quote geografiche e servono per garantire una equilibrata rappresentanza fra regioni differenti. Per fare in modo che i candidati, per esempio, del nord non strabordino rispetto a quelli del sud. E allora perché non bisogna fare in modo che gli uomini non strabordino rispetto alle donne? Così, tanto per ragionare.