Una decina di giorni fa ho visto medici che manifestavano. Dicevano: “I cittadini si rendano conto che lo facciamo nel loro interesse”. E’ sempre così. L’interesse dei cittadini è sempre al primo posto nel cuore di chi manifesta. Perfino nel cuore di quei medici di base che non vanno a visitare clienti novantenni nemmeno fosse l’ultima azione della loro vita. Tassisti bloccano il traffico nell’interesse dei cittadini. Ferrovieri fanno sopprimere treni nell’interesse dei viaggiatori. Bagnini sospendono il servizio nell’interesse degli aspiranti affoganti. Le corporazioni difendono con unghie e con denti le loro posizioni, ma gli avvocati scioperano nell’interesse dei clienti. Dimenticando tutti i rinvii chiesti solo per gonfiare le parcelle. I giornalisti scioperano in difesa della libertà di stampa e del diritto dei cittadini di avere una informazione completa e trasparente nonostante i giornali siano pieni di notizie false, incomplete, travisate, sciatte. Commercialisti e bancari, notai e commercianti, postini ed infermieri protestano sempre nell’interesse dei cittadini. Solo gli operai, ammesso che ne esistano ancora tanti, o i moderni schiavi della nostra epoca, gli operatori dei call center, quando scioperano non mi fanno venire l’orticaria. Loro non sono ipocriti. Scioperano perché stanno male. Per non parlare dei disoccupati. Ma loro non scioperano, ovviamente. Stanno solo male. E pensare che la soluzione dei loro problemi, questa sì, farebbe star bene anche tutti gli altri cittadini.

[csf ::: 10:15] [Commenti]
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E improvvisamente comparvero gli incapienti. Il 99 per cento degli italiani ignorano chi siano gli incapienti. E probabilmente gli stessi incapienti ignorano di essere incapienti. Ma sui giornali italiani si è cominciato a parlare di incapienti dando per scontato che debbono essere i lettori a fare lo sforzo di comprendere. Gli incapienti sono coloro che non pagano le tasse. Sono la versione buona degli evasori. Gli incapienti non pagano le tasse perché non debbono pagarle, perché guadagnano poco. Non pagano le tasse perché sono poveri. Ecco, gli incapienti sono i poveri. Gli incapienti sono diventati argomento di conversazione quando il governo dei tecnici, un governo che parla difficile, ha proposto la diminuzione dell’Irpef e l’aumento dell’Iva. A prima vista un’operazione equa. Tot Irpef di meno, toit Iva di piùà. Ma la prima vista spesso inganna. L’Iva è una tassa sui consumi. E, grosso modo, i consumi primari sono uguali per tutti. Non è che il ricco mangi più maccheroni dei poveri. L’Irpef è una tassa sui redditi. E i redditi non sono uguali per tutti. Diminuire una tassa che i poveri non pagano e aumentarne una che pagano vuol dire finanziare i ricchi con i soldi dei poveri. Cosa che questo governo fa ogni giorno che Dio manda in terra. Ma basta non chiamarli poveri. Basta chiamarli incapienti e nessuno se ne accorge. Dire “incapiente” è politicamente corretto. Come diversamente abile, come non vedente. Ecco, facciamo così, non chiamiamoli incapienti. Chiamiamoli diversamente capienti.

[csf ::: 18:27] [Commenti]
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Un giorno potrò dire: “Io c’ero”. C’ero negli ultimi giorni dell’impero. C’ero quando la politica agonizzava per colpa di politici incapaci, insensibili, inesorabili nel continuare con i loro comportamenti insensati. Alle elezioni vanno sempre in meno a votare. Ma i tesorieri dei partiti si fanno beccare sempre più spesso con le mani del sacco. La fiducia nei politici raggiunge i minimi storici, ma ce ne fosse uno disponibile a fare mea culpa. Le facce, sempre le stesse, le parole, sempre le stesse. Si chiedono sacrifici agli italiani, anche ai più poveri, e nessun parlamentare si dichiara disposto a farne mezzo. Gente con cinque o sei legislature sulle spalle non ne vuole sapere di lasciare ai giovani il compito di amministrare il nostro Paese. Un Paese disastrato, con una credibilità internazionale tendente allo zero, istituzioni allo sfacelo, corruzione galoppante, spirito civico scomparso, politici catatonici tutti presi a fare inutili e sterili discussioni sulla democrazia interna dei loro partiti, incapaci di fare una minima accettabile riforma elettorale. Io c’ero, quando un comico saltò fuori a dire cose banali, come per esempio che non possiamo farci governare da pregiudicati, che non si può continuare a finanziare i politici con fondi che vengono usati per sgranocchiare aragoste e portare in vacanza le fidanzate. Io c’ero quando tutti i politici e i partiti, finalmente compatti, cominciarono a dire che il comico era un qualunquista e che bisognava combattere l’antipolitica. Insomma, è Grillo che deve togliersi dalle scatole, non loro.

[csf ::: 18:24] [Commenti]
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Nel maggio del 2010 fu eletta, si fa per dire, senza un voto di preferenza, consigliere regionale della Lombardia, comodamente sistemata nel listino bloccato del candidato Roberto Formigoni. Due mesi dopo si presentò in questura per tirare fuori dai guai per conto di Berlusconi Ruby Rubacuori. Cinque mesi più tardi scoppiò il putiferio e oggi è famosa perché gestiva le olgettine, le ragazze che finanziate dal ragioniere del premier, vivevano a sbafo in via dell’Olgettina e allietavano più o meno mascherate le notti di Arcore.
Questa è Nicole Minetti. Possiamo senza alcuna titubanza ammettere che c’è una certa differenza fra la sua maniera di essere politica e qualsiasi donna del governo dei tecnici. Che so? Tra la Fornero e la Minetti c’è un’abisso. Ma c’è un abisso anche fra la Minetti e qualsiasi altro politico del partito che fu Forza Italia? E allora come mai oggi i berlusconiani vogliono che si dimetta? In parlamento siedono cento indagati, processati, condannati. E allora come mai i suoi colleghi di partito, lo stesso grande capo, lo stesso segretario, vogliono che si dimetta? Basterà che Nicole si allontani dal Pdl per ridare verginità ai berlusconiani? Giorgia Meloni e Gianni Alemanno insistono perché Nicole tolga il disturbo, ma non parlano dei mafiosi, dei corrotti, dei corruttori. Dimenticano che Berlusconi è imputato. Che Formigoni è imputato. Per reati peggiori. Perché Nicole se ne deve andare e il Celeste che è il suo mandante politico può rimanere? Nicole resisti.

[csf ::: 18:28] [Commenti]
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Ogni epoca ha le sue abitudini religiose. Ai miei tempi di giorno si leggevano i sacri testi e la sera si dicevano le preghiere. Ancora oggi qualcuno lo fa. Ma la religione ormai è un’altra, è la tecnologia. Tutte le nostre energie, anche quelle spirituali, sono dedicate a far funzionare le decine di computer installati in casa. Circondati da molteplici led rossi, verdi e azzurri, a volte fissi, a volte lampeggianti, moderne lampade votive dedicate alla divinità comunicazione, passiamo gli anni migliori della nostra vita a leggere i sacri testi, i manuali di funzionamento di Iphone, Black Berry, Samsung, Ipad. Complicatissimi. Io prima o poi ci devo parlare con quelli che li scrivono. Se per caso si passa da un Pc ad un Mac, non basta un week end per memorizzare le novità e trasportare tutti i dati da un apparecchio all’altro. Partono frenetiche telefonate agli amici smanettoni, moderni sacerdoti che tutto sanno e tutto perdonano, rimanendo interdetti di fronte al nuovo latino, browser, server, follower, firewall, mousepad, skype, download, una specie di inglese senza il quale è impossibile procedere sulla via dell’iniziazione. Poi infine, la sera, il rito che sostituisce le preghiere. La ricarica. Si ricaricano tutti i telefonini, i tablet, i portatili. Solo allora ci si infila sotto le coperte, sussurando l’unica preghiera tradizionale: “Signore, fa che riesca a capire finalmente che cosa significa finder, dashboard, launchpad. Dimmi, ti prego, a che cosa serve Icloud”. App, e così sia.

[csf ::: 10:03] [Commenti]
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