Su tutte le prime pagine, su tutti i telegiornali, su tutti i siti internet, la scorsa settimana non si è parlato che della improvvisa e drammatica morte di Piermario Morosini, il centrocampista del Livorno, avvenuta durante una partita di serie B. Il 30 ottobre 1977 Renato Curi morì durante Perugia Juventus, serie A. Sono passati molti anni e forse la memoria sbiadisce i ricordi. Ma mi sembra proprio che l’impatto sull’opinione pubblica fosse stato minore. E’ la società dello spettacolo? La morte in diretta? La tv che dilata qualsiasi cosa? Omar Calabrese, semiologo toscano, aveva scritto un saggio, tanti anni or sono, sulle reazioni dei media alle disgrazie. Ne ricavò una specie di equazione nella quale si potevano immettere dati quali il numero dei morti, la distanza dell’evento, la drammaticità della disgrazia e cose del genere. Si chiedeva: colpisce più la morte di un bambino del tuo condominio o quella di 300 passeggeri di un jumbo in Corea? Qualche settimana fa è morto durante una partita un giocatore di pallavolo, Vigor Bovolenta, ex nazionale. La commozione mediatica si è limitata a quattro righe in prima pagina sul Corriere della sera. Certo: la pallavolo non è il calcio. Più tifosi, più commozione. Per Morosini i titoli sono stati tutti del tipo: muore un calciatore durante una partita, si fermano i campionati. In Italia muore, ogni tredici ore, un lavoratore sul luogo del lavoro. Non ricordo prime pagine con titoli tipo: “Operaio muore in fabbrica. Si fermano le industrie”.

[csf ::: 07:04] [Commenti]
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Il mio amico Massimo Cirri (conduttore di Caterpillar) mi prende sempre in giro raccontando che una volta mi chiese: “Ma tu ci vai ai concerti?” Sembra che io gli abbia risposto: “Ci andrei se non ci fosse tutta quella musica”. E’ molto probabile che io gli abbia detto quella frase. Ma io non odio la musica. Voglio solo che stia al posto suo. Che mi venga in aiuto quando la chiamo. Odio la musica negli ascensori, nei negozi, nei ristoranti, negli aeroporti, sulle piste da sci. La musica la godi solo quando la desideri. Conduco un programma radiofonico dove si parla tutti i giorni con i politici. Ad un certo punto devi interromperti per mandare in onda canzonette. Ci dicono che così è ben fatto. Che l’attenzione dell’ascoltatore ha bisogno di riposo. Che la parola stanca. Sciocchezze. La musica in certi programmi ci sta come i cavoli a merenda. E comunque sono opinioni: una vale l’altra. Perché non si piazzano musichette anche nei telegiornali? Anche se… Qualcosa si sta muovendo. Sulla falsariga di quelle silenziosissime melodie quasi trasparenti che potete ascoltare in sottofondo a quasi tutti i programmi radiofonici, da un po’ di tempo sono comparsi anche nel sottofondo dei Giornali Radio dei debolissimi ma percettibilissimi suoni, una specie di tintinnio. Sotto le polemiche fra Camusso e Marcegaglia si sentono quieti ma martellanti din din din. Vedrete, succederà anche con i Tg. Ma allora perché, con la Nona di Beethoven, non mandano in sottofondo le dichiarazioni di Calderoli?

[csf ::: 07:06] [Commenti]
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