- 29 Settembre 2009
Dimmi tu se doveva pure capitare che Roman Polanski violentasse una ragazza di tredici anni! Direte voi: ma è successo più di trenta anni fa. Vabbé, allora? L’episodio mi era sfuggito oppure me lo sono scordato. Roman Polanski aveva 44 anni allora. Fece 42 giorni di carcere e poi patteggiò col pm una pena risibile (si impegnò a seguire una terapia antiviolenza). Ma la cosa non finì lì. Non ho capito se ci fosse un’altra accusa pendente, oppure se il tribunale non fosse d’accordo col pm. Fatto sta che Polanski, per non sapere né leggere né scrivere – come direbbe mia nonna – rifugiò all’estero inseguito da un mandato d’arresto internazionale. Fin qui tutto normale. Cioè: uno violenta, gli altri lo arrestano. E magari capita che lo arrestino dopo 32 anni. Ma ecco che scatta il meccanismo lobbistico. Luca Barbareschi: “Per lui era una grossa ferita, un errore che pagava sulla sua pelle”. Adrien Brody: “Non merita assolutamente quello che gli sta succedendo”. Marina Zenovich: “Prosegue il processo mediatico”. Monica Bellucci, Ettore Scola, Marco Bellocchio, Giuseppe Tornatore: loro si dichiarano esterrefatti e firmano una petizione per la sua liberazione. Perfino il ministro per la Cultura francese, Frederic Mitterrand, parla di un fatto assolutamente spaventoso per una storia vecchia che non ha davvero senso.
E lui? “L’unica cosa che voglio è lasciarmi alle spalle questa storia. Se ho sbagliato, credo di aver pagato”. Uno stupro contro 42 giorni di carcere? Ha pagato: ma accidenti che razza di sconto.
- 20 Settembre 2009
Appena entra in Italia, ormai, gli tolgono qualcosa. Una volta gli hanno scippato parte del compenso che gli era dovuto per la comparsata a “Ballando con le stelle”. 3 mila euro, poca cosa in confronto ai 36 milioni di euro che deve al fisco italiano, cioè a noi italiani. Qualcosa come lo 0,008 per cento del suo debito. Atomi. Un’altra volta era venuto per una partita di calcio di beneficenza. Arrivarono i finanzieri e gli fregarono due rolex d’oro che portava uno a al polso destro e uno al polso sinistro. Dieci mila euro, d’accordo, un po’ di più, ma sempre briciole. Diego Armando Maradona deve una marea di soldi al fisco italiano, cioè a noi italiani. Ma non c’è peggior tirchio di un miliardario. E così i finanzieri, ogni volta che Diego passa la frontiera, vanno de lui e si fanno consegnare l’elemosina. Stavolta, sorpreso in un albergo di Merano, gli hanno strappato dalle orecchie tre diamantini. Valore stimato 4 mila euro. Ma a Diego cosa importa? E’ con fastidio ma con sufficienza che affronta ormai i finanzieri. E’ incredibile quanto riescano ad essere antipatici i geni.
- 15 Settembre 2009
Era al funerale di Mike, d’accordo, era emozionato e commosso. Era davanti a migliaia di persone, d’accordo, il palco spesso fa dire cose che travalicano il proprio pensiero. C’era il ricordo, un po’ fastidioso, dell’ultimo episodio della loro amicizia, quando lo aveva di fatto “cacciato” da Mediaset, un ricordo che non lo aiutava ad essere sereno. C’erano molti vip, e questo contribuiva forse a fargli perdere un po’ il controllo delle proprie parole. Si sarebbe sentito più a suo agio se avesse potuto raccontare una delle sue barzellette preferite. Ma c’era un limite a tutto. Era anche un momento politicamente delicato, un momento in cui si sentiva impegnato ad insultare i propri avversari politici e a difendersi dagli insulti dei propri avversari politici. C’erano mille giustificazioni, insomma. Perché le tv presenti per diffondere la cerimonia erano tante. E poi prima di lui avevano parlato dei mostri dello spettacolo, Fazio, Baudo, Fiorello. Fiorello, il compagno di giochi di Mike, lo aveva imitato. “A Mike piaceva tanto ridere”, aveva detto Fiorello e poi, con la sua voce: “Hai visto? Mi hanno dato il Duomo di Milano, eh? A Baudo non l’avrebbero mica dato”.
Mille giustificazioni. Ma è incredibile quello che ha detto Silvio Berlusconi alla fine del suo intervento a piazza del Duomo, al funerale di Mike Bongiorno. Ha detto: “Era un eroe della nostra Resistenza, di quel movimento che ha restituito a noi la dignità e la libertà”. Ma come, la libertà? La libertà ce l’hanno restituita i comunisti? Ma non ce l’aveva restituita Forza Italia?
- 8 Settembre 2009
Alla fine Hugo Chavez è sceso in platea e non si trattiene: “Avete visto? Non sono un diavolo come mi descrivono”. Che cosa bisogna aver visto? Il film di Oliver Stone. Quello che ha per protagonista il campione della democrazia sudamericana. “South of the border”. Hugo Chavez, quello che dichiara che mastica foglie di coca ogni giorno, quello che una volta fece un colpo di Stato, fallito, quello che sta facendo un sacco di cose per migliorare il tenore di vita della povera gente, quello che attacca le tv che lo attaccano, fino ad inventarsi il reato di “parlar male del governo”. Ha detto, a Venezia: “Sono un essere umano. Non favorisco il narcotrafico né il terrorismo come dicono gli Usa”. Hugo Chavez, quello che ha fatto ministro un fratello, plenipotenziario un altro fratello, segretario di Stato un terzo fratello (gli altri due sono solo sindaco, il quarto, e consigliere d’amministrazione di una banca privata che gestisce i fondi del governo, il quinto), quello che desidera essere eletto praticamente a vita e comunque almeno fino al 2031, quello che è talmente logorroico che Juan Carlos una volta gli ha detto: “perché non taci?”. Ha detto a Venezia: “Amo la libertà e leggo la Bibbia”. Hugo Chavez, io me lo vedo su una panchina che parla con Silvio Berlusconi. “E tu, come faresti? Io ho fatto così”. Consigli, suggerimenti, progetti. Destra o sinistra? Mah. Nessuno dei due se ne vuole andare. In nome del popolo, ovviamente.